Diego Armando Maradona (30/10/1960 – 25/11/2020), “El Pelusa” per gli amici di infanzia, “El pibe de oro” per i compagni di squadra, “El diez” per il mondo del calcio, per tutti semplicemente DIEGO.
Nasce a Lanùs, sobborgo di Buenos Aires in Argentina e per la precisione nel quartiere di Villa Fiorito, da Don Diego e Dalma Salvadora Franco detta Dona Tota.
La sua vita è la parabola di un calciatore senza precedenti ne successori, un genio “maledetto” del calcio.
Lo scopre Francisco Cornejo, ma come dice lui: “Maradona non lo scopri, te lo porta Dio, tu devi solo stare attento”.
Diego fa il suo esordio nelle giovanili dell’Argentinos Juniors, soprannominati “Las Cebollitas” e mettono a segno la più lunga striscia di partite consecutive senza sconfitte: 136.
Debutta in prima squadra il 20 Ottobre 1976 contro il Talleras de Cordoba diventando il più giovane argentino di sempre a esordire nella prima divisione argentina (record battuto da suo cognato, Sergio Aguero nel 2003).
Il 14 Novembre dello stesso anno segna la sua prima rete da professionista, o meglio, una doppietta, al San Lorenzo e nel 1978, a diciotto anni, diventa capocannoniere del campionato argentino e nel 1977 debutta con la Nazionale argentina, ma non verrà convocato per il mondiale vittorioso del 1978.
Nel 1981 passa al Boca Juniors e dopo una stagione al Barcellona, dove rimase due anni, rimediando il più brutto infortunio della sua carriera ad opera di Andoni Goikoetxea, detto il “macellaio di Bilbao” che gli ruppe una caviglia alla quarta giornata di andata della stagione 1983-1984.
Il 5 Luglio 1984 Maradona venne presentato ufficialmente, dopo una lunga ed estenuante trattativa durata oltre un mese e chiusa all’ultimo giorno utile di mercato, al pubblico di Napoli, oltre 70mila i presenti allo stadio San Paolo quel giorno per accogliere il più grande giocatore della storia del calcio.
Nel 1987 vince il primo scudetto e la coppa Italia, accoppiata che fino a quel momento era riuscita solo al Grande Torino e alla Juventus
Vincerà un altro scudetto, una coppa UEFA e una Supercoppa Italiana, prima di essere squalificato per doping per due anni e lasciare Napoli.
Finita la squalifica torna a in Spagna, a Siviglia e dopo una sola stagione fa ritorno in Argentina, prima al Newell’s Old Boys (tra il ’94 e il ’95 provò la carriera di allenatore in due brevi periodi prima di tornare a giocare) e poi nel 1995 di nuovo al Boca Juniors dove chiuderà la carriera il 25 Ottobre 1997, dopo il superclasico contro il River Plate.
Vincerà un solo pallone d’oro, alla carriera, nel 1995, ma solo perché fino al 1994 era un premio destinato ai soli calciatori di origine europea.
CARATTERISTICHE:
Maradona era un trequartista o una seconda punta, molto carismatico e punto di riferimento per i compagni di squadra, mancino per eccellenza, dotato di tecnica sopraffina che gli permetteva giocate al limite dell’impossibile.
Alto circa 1,65m, pesava circa 67Kg (ai tempi del Napoli), dal baricentro basso e dalle gambe possenti che gli consentivano di resistere molto bene alle strette marcature che gli riservavano avversari (nel mondiale del 1986 subì 53 falli, più di qualsiasi altro giocatore in qualsiasi altra coppa del Mondo di cui si siano raccolti i dati).
Le doti tecniche soprannaturali, la fantasia e l’intelligenza tattica hanno fatto di lui un grande finalizzatore capace di segnare da ogni zona del campo, ma anche un grande uomo-assist.
Eccellente tiratore di calci di punizione e rigori (49 realizzati su 52 calciati).
FASE DI POSSESSO:
Le squadre in cui Maradona ha giocato, in particolare Napoli e nazionale Argentina, davanti si schieravano con un tridente, per cui, in fase di costruzione della manovra la sua posizione di partenza era da trequartista e tendeva a ripiegare quasi sulla linea dei centrocampisti (anche se in realtà era libero di agire su tutto il fronte di attacco) per fare da collante tra attacco e centrocampo, mentre i suoi compagni di reparto si inserivano con dei tagli in modo da consentire rapide verticalizzazioni o lasciare lo spazio alle loro spalle per l’inserimento di Maradona.

Non di rado, comunque, i tre di attacco si scambiavano di posizione e spesso Maradona agiva come attaccante di destra in modo da poter sfruttare il suo mancino o per rientrare e tirare o per saltare l’uomo e trovarsi facilmente davanti alla porta.

Le squadre avversarie, ovviamente, su di lui attuavano sempre una marcatura stretta, era seguito a uomo da un avversario e talvolta veniva addirittura raddoppiata la marcatura, quindi proprio questo, poter svariare su tutto il fronte di attacco gli consentiva di cercare lo spazio giusto per ricevere palla.
FASE DI NON POSSESSO:
In fase di non possesso Maradona rimaneva in zona centrale, come punto di riferimento in caso di ripartenza veloce o comunque per concentrare le attenzioni avversarie su di se e lasciare campo libero ai compagni, mentre gli altri due attaccanti ripiegavano sui lati.
Era un comunque un giocatore che si sacrificava molto per la squadra e per cui era uno dei primi ad andare in pressing non solo quando la palla era in zona offensiva ma ripiegava a dare manforte anche nella propria metà campo.

Maradona era molto più di un calciatore, è il bambino della periferia che poco più che adolescente mantiene tutta la famiglia giocando a calcio, è il simbolo del riscatto argentino che vendica la tragica e disastrosa guerra delle Falkland (Malvinas in Argentina) grazie alla vittoria del mondiale messicano del 1986 nella finale disputata proprio contro l’Inghilterra, grazie ai suoi due goal, la “mano de Dios” e al “goal del secolo”.
Riporta ai fasti il Napoli, sportivamente parlando, dopo l’egemonia calcistica del Nord Italia e diventa l’idolo di un popolo che si identifica totalmente in lui, perché quando lui gioca tutto il resto non conta, è come rimanere sospesi tra cielo e terra.
E’ un calciatore, ma anche un uomo sempre dalla parte dei bisognosi, per alcuni un santo e per altri un Dio.
Le cose fenomenali che faceva in campo non le ha mai imparate da nessuno, semplicemente facevano parte del suo nel Dna.
Il campo era il suo elemento naturale e il pallone un amico sincero che gli consentivano di lasciare da parte il mondo esterno che tanto lo opprimeva e di tornare a divertirsi come un bambino, che fosse con una rovesciata da terra in un campo fangoso, ballando “Live is life” durante il riscaldamento della semifinale di coppa UEFA o dribblando tutti come se non ci fosse nessuno e poi mettere la palla in rete.
E come recitava uno striscione in Argentina, ripreso da Pep Guardiola per rendergli omaggio il giorno della sua scomparsa: “Non importa quello che hai fatto della tua vita, Diego, è importante quello che hai fatto per le nostre vite”.
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