Al Nizhny Novgorod Stadium la Danimarca, seconda solo alla Francia nel girone C, affronta la qualità della Croazia di Dalic. Entrambe le squadre sono a caccia di un posto nei quarti di finale dei Mondiali di Russia 2018.
Come nell’altro ottavo di finale della giornata tra Russia e Spagna, anche in questo caso la qualificazione è arrivata ai calci di rigore. Si è reso grande protagonista il portiere danese figlio d’arte parando ben tre rigori, di cui uno a Modric nei tempi supplementari. Schmeichel non è bastato alla Danimarca. La formazione di Dalic ha avuto la meglio, e di certo può ringraziare il para rigori Subasic.
Analizziamo tatticamente la Danimarca di Hareide, una squadra molto solida difensivamente ma poco efficacie in fase offensiva. La squadra di presenta in campo con un 4-2-3-1 a specchio rispetto alla formazione croata: Schmeichel, Knudsen, Kjaer, Jorgensen, Dalsgaard, Christensen (Shone), Delaney (Krohn-Deli), Yurary, Eriksen, Braithwaite (Sisto), Cornelius (Jorgensen).
FASE DI POSSESSO
In fase di possesso la formazione di Hareide si tramuta in un 2-4-3-1. I terzini avanzano con cautela affiancando i mediani. Allo stesso modo gli esterni di centrocampo (Braithwaite e Yurary) sono prudenti nell’avanzare, piuttosto rimangono posizionati vicino ai terzini per arginare eventuali contropiedi avversari.
La costruzione della manovra danese è lunga e non particolarmente articolata. La difesa non è propositiva nel ricevere palla in fase di rinvio dal fondo, per cui Schmeichel ricorre di frequente al rilancio lungo. I difensori centrali vengono interpellati raramente: si propongono come appoggio per i mediani oppure cercano direttamente il lancio sulla punta (Cornelius).
Lo sviluppo della fase offensiva è frettoloso e contrapposto a quello degli avversari, i quali esercitano un possesso palla prolungato (anche se sterile). I danesi attendono e sperano (invano) in qualche contropiede. Quando gli esterni salgono si posizionano molto stretti e vicini all’attaccante. Questo concede al mediano Christiansen una soluzione in più in fase di impostazione. Nell’immagine sottostante è possibile vedere il movimento a venire incontro di Braithwite in zona di rifinitura.
In seguito a questo movimento la Danimarca si è resa pericolosa con una triangolazione tra Braithwite, Cornelius e Eriksen.
Data la struttura fisica dei “vichinghi” danesi (altezza media: 1.87 mt) e la conseguente supremazia nei duelli aerei, Hareide ha cercato di sfruttare al massimo i calci piazzati. Le rimesse laterali lunghissime di Knudsen in prossimità dell’area di rigore avversaria sono particolarmente insidiose. Il terzino cambia persino lato di competenza pur di incaricarsi della battuta. Il goal è arrivato dopo solo 1 minuto di gioco da una situazione di questo tipo.
Il peso della manovra offensiva è incentrato sulla qualità di Eriksen, il quale cerca con frequenza l’imbucata vincente o il tiro da fuori. Se il trequartista danese venisse pressato adeguatamente le soluzioni offensive a disposizione della Danimarca sarebbero estremamente limitate data la precipitosità in fase di impostazione.
FASE DI NON POSSESSO
In fase di non possesso la Danimarca si presenta con un compatto 4-4-1-1. Il centrocampo e la difesa sono perfettamente in linea, posizionati molto bassi e vicini tra loro.
I due giocatori più offensivi (Eriksen e Cornelius) sono aggressivi nel momento della prima pressione nella ¾ campo avversaria.
Anche il centrocampo è molto aggressivo in fase di non possesso, in particolare Delaney. Il mediano danese esce dalla linea del centrocampo per esercitare una azione di disturbo su Modric ogni qual volta sta per ricevere palla.
La difesa è ben educata tatticamente ed è molto difficile sorprenderla. La squadra di Hareide può essere presa alla sprovvista con uno-due in velocità e inserimenti centrali. In occasione del goal subito la difesa danese non si è dimostrata reattiva nell’arginare l’inserimento centrale di Vrsaljko a causa della pessima marcatura di Braithwaite e la poca reattività del difensore centrale nell’accorciare.
Il divario tecnico con gli avversari è evidente, per cui la Danimarca preferisce subire la partita e ripartire in contropiede. Questo è possibile grazie alla capacità della retroguardia di rimanere compatta e coprire gli spazi.
TRANSIZIONI
Una volta recuperata palla il timing è molto rapido. Lo scambio tra i giocatori è finalizzato a trovare il contropiede (spesso con un lancio lungo) il prima possibile (transizione positiva).
I lanci lunghi inevitabilmente, nonostante la superiorità fisica, nella maggioranza dei casi riconsegnano la palla agli avversari. Una volta che questo accade la Danimarca esercita una pressione abbastanza decisa senza però mai scomporsi (transizione negativa).
Cornelius nonostante cerchi di far salire la squadra difficilmente trova il supporto necessario: gli esterni di centrocampo sono spesso troppo bassi pronti a contenere eventuali ripartenze (marcatura preventiva).