Franz Beckenbauer è attualmente l’unico ex calciatore insieme a Mario Zagallo ad aver vinto il mondiale da capitano in campo e da allenatore. Subentrato come commissario tecnico alla guida della nazionale teutonica, dopo la fallimentare spedizione all’europeo francese del 1984 dove la nazionale allenata da Jupp Derwall non superò la fase ai gironi, Kaiser Franz rimase alla guida della nazionale per sei anni, dal settembre di quell’anno fino all’8 luglio 1990. Nei suoi sei anni di permanenza come commissario tecnico dei tedeschi, Beckenbauer ha ottenuto l’accesso ad entrambe le finali mondiali a cui la Germania ha partecipato (1986 e 1990, finali giocate peraltro contro lo stesso avversario, l’Argentina), e la semifinale agli europei di casa del 1988, dove la selezione tedesca è stata eliminata ad Amburgo dall’Olanda poi vincitrice del torneo.
La sua Germania del 1990 fu la prima squadra europea a battere in una finale mondiale una nazionale sudamericana e anche la prima squadra a non subire goal durante una finale del Campionato del Mondo.
Il sistema di gioco base era un 3-5-2 dinamico in continuo mutamento. Questo impianto di gioco ha regnato in Germania per oltre un decennio. La squadra che sei anni dopo, nel 1996, vinse l’Europeo con Berti Vogts aveva ancora la stessa impronta tattica di quella che andò in finale nel 1986 sempre con Beckembauer alla guida.
Nel Mondiale italiano del 1990, la difesa a tre era costituita da un libero (Augenthaler) e due stopper (Kohler e Buchwald). I due esterni (Brehme e Berthold) in fase di non possesso si abbassavano sulla linea dei difensori, componendo così una difesa a 5, e in fase di possesso si alzavano sulla stessa linea dei centrocampisti; l’uomo a tuttocampo (Matthaus) solitamente si sistemava davanti alla difesa a mettere ordine mentre le due mezz’ale o cursori (Hassler e Littbarski) godevano di libertà tattica. A concludere la formazione i due classici attaccanti (Klinsmann e Voller).
Il 3-5-2 così si trasformava in un 5-3-2 in fdnp e in un 3-3-2-2 con Hassler e Littbarski dietro ai due attaccanti e i due esterni, Brehme e Berthold, a fianco di Matthaus in fase di sviluppo del proprio gioco.
FASE DI POSSESSO
In fase di costruzione del gioco, la nazionale teutonica cerca di guadagnare campo pazientemente senza fretta con dei passaggi diretti e precisi. Raramente si son visti lanci lunghi da parte dei difensori a cercare le punte.
Il primo obiettivo è quello di allargare il gioco, poi una volta allargato si cerca di sviluppare la manovra tramite verticalizzazioni a cercare il movimento degli attaccanti, che hanno il compito di svariare su tutto il fronte dell’attacco.
L’intenzione è quella di rifinire la manovra con dei traversoni in area di rigore, potendo così sfruttare le caratteristiche dei propri attaccanti – Voller e Klinsmann, abili nel gioco aereo – per concludere l’azione.
Se non fosse possibile effettuare il traversone, il possessore della palla cerca di accentrare la rifinitura del gioco con l’inserimento con o senza palla di uno o di entrambi i cursori – Hassler o Littbarski – verso la zona centrale del campo, appena fuori l’area di rigore avversaria.
FASE DI NON POSSESSO
Nella finale del Mondiale contro l’Argentina, Beckenbauer decise di marcare a uomo i due attacanti della nazionale albiceleste – Maradona fu preso in consegna da Buchwald e Dezotti da Kohler – con Augenthaler ad agire da libero.
Quando il possesso era degli avversari anche i due esterni, Brehme a sinistra e Berthold a destra, rientravano sulla linea dei difensori componendo così una difesa con un libero, due marcatori a uomo e sulle fasce i due terzini.
Il lavoro in fase di non possesso iniziava dal sacrificio dei due attaccanti che avevano il compito di impedire una giocata semplice ai costruttori di gioco avversari.
L’impostazione tattica in fase di non possesso della nazionale tedesca era chiara. Si cercava il pressing già con i propri attaccanti nella metà campo avversaria, con l’obiettivo di bloccare le fonti di gioco, rallentandone così la fase di costruzione e costringendo di conseguenza il portatore di palla al lancio lungo per gli attaccanti, che nel frattempo erano già braccati dai loro due marcatori fissi, finendo così per perdere irremediabilmente il possesso del pallone.
Agendo in questa maniera, la Germania bloccò sul nascere tutte le fonti di costruzione e sviluppo del gioco avversario, strategia che portò poi ad una frustrazione e ad episodi di nervosismo tra i giocatori della nazionale albiceleste che concluse infatti la partita in nove uomini.
TRANSIZIONE OFFENSIVA
Quando riconquistava la palla, la nazionale tedesca cercava senza fronzoli di guadagnare campo il più velocemente possibile, con i due attaccanti che scattavano in profondità e Matthaus ad accompagnare la transizione.
L’ottima intesa tra i giocatori permetteva anche una buona spaziatura tra di essi e una rapida disposizione negli spazi lasciati liberi dagli avversari, con la conseguente costruzione di un’azione potenzialmente pericolosa.
La transizione secondo i piani doveva avvenire il più velocemente possibile e l’attacco allo spazio lasciato dagli avversari doveva essere anch’esso immediato, anche se non con un gran numero di elementi, tre massimo quattro giocatori. Gli altri dovevano mantenere le posizioni coprendo la propria zona di campo per poter essere già in posizione nell’eventuale contro-transizione da parte degli avversari.
TRANSIZIONE DIFENSIVA
Quando invece la nazionale tedesca perdeva il possesso del pallone, l’obiettivo era quello di rientrare velocemente dietro la linea della palla con più giocatori possibili e nel più breve tempo possibile.
Il sacrificio degli attaccanti e dei centrocampisti, con il loro lavoro in queste situazioni di gioco, permetteva ai difensori di trovare molto spesso il giusto tempo d’attacco alla palla, neutralizzando così il tentativo di transizione della squadra avversaria.
In questo ultimo video c’è tutta l’essenza di quella Germania con Klinsmann che una volta perso il pallone si rialza velocemente da terra per rincorrere l’avversario, il centrocampista Littbarski va ad effettuare in quel caso una pressione sul portatore di palla, mentre alle loro spalle la marcatura a uomo dei difensori tedeschi toglie tutte le soluzioni più semplici per una veloce transizione offensiva da parte degli avversari.
Quella Germania fu senz’altro una nazionale improntata molto sull’attenzione alla fase difensiva: la mentalità era quella di impedire per prima cosa agli avversari di costruire gioco tagliandone fuori i suoi interpreti più pericolosi.
Squadra pragmatica e senza fronzoli studiava attentamente i punti di forza dei suoi avversari ed aveva come unico obiettivo l’ottenimento del risultato.
Quella Germania dell’ Ovest fu anche la prima nazionale ad aver raggiunto tre finali mondiali consecutive – 1982 con l’Italia, 1986 e 1990 con l’Argentina – segno che l’organizzazione che ci fu negli anni Ottanta in terra tedesca non ha avuto eguali in quel lasso di tempo. Solamente il Brasile è riuscito successivamente a raggiungere questo record con le finali del 1994, 1998 e 2002.
Con l’unificazione tedesca avvenuta ufficialmente nell’ottobre del 1990, la nazionale ripartì basandosi sul gruppo prestigioso della ex Germania Ovest, gruppo nel quale vennero inseriti alcuni giocatori della Germania dell’Est come Matthias Sammer, Thomas Doll, Ulf Kirsten e in tempi più recenti Michael Ballack e Toni Kroos.
Sicuramente le chiavi del successo di quel Mondiale furono la mentalità vincente di numerosi giocatori di quella squadra – da Kohler a Matthaus da Brehme a Klinsmann -e l’ottima condizione fisico-atletica generale della squadra, elemento che in eventi concentrati in tre settimane è fondamentale.
Squadra poco spettacolare in fase di possesso diventava tremenda da affrontare quando non aveva la palla tra i piedi, capace con la sua organizzazione di rendere inefficaci i giocatori migliori della squadra avversaria.
Potendo riassumere quella nazionale direi che gli aggettivi “brutti ma vincenti” si addicono perfettamente a quella squadra che, nel pieno dell’unificazione della Germania che stava avvenendo in quel periodo, è riuscita a portare a casa il titolo mondiale.