INTRODUZIONE
La stagione 2018/19 è stata deludente e travagliata per la Roma. L’avvicendamento tra due allenatori molto differenti come Eusebio Di Francesco e Claudio Ranieri non ha portato all’accesso in Champions League, lasciando peraltro una certa confusione tattica e mentale all’interno della rosa. La società del presidente Pallotta ha così deciso di affidare la propria guida tecnica a Paulo Fonseca, reduce da un ottimo ciclo con lo Shakhtar Donetsk. In Ucraina, Fonseca è riuscito ad esprimere al meglio i suoi principi di calcio, caratterizzati dalla ricerca del dominio del gioco attraverso il possesso palla e da un raffinato gioco di posizione.
Anche nella capitale il portoghese sta lasciando il segno, imprimendo alla squadra la sua mentalità. Dopo un inizio stentato, infatti, i giocatori della rosa giallorossa sembrano aver incamerato alla perfezione i meccanismi e le idee del proprio allenatore, dando vita ad un impianto fluido e funzionale.
La Roma è una squadra che sa cosa fare in campo, trainata da una grande capacità di lettura dei dei ritmi della partita, da un’ottima solidità difensiva e da quel gioco posizionale marchio di fabbrica del tecnico nativo del Mozambico. L’undici di Fonseca predilige attaccare portando molti uomini a ridosso della trequarti avversaria, cercando di porre i suoi giocatori offensivi nella migliore condizione per far emergere le proprie qualità.
La partita presa qui in analisi è Fiorentina-Roma del 20 dicembre 2019, che ha permesso ai giallorossi di espugnare il Franchi con il risultato di 4-1.
MODULO DI GIOCO
- Statico: 4-2-3-1
- Fase offensiva: 2/2-5-1
- Fase difensiva: 4-3-2/1
FASE DI POSSESSO
Come già accennato, la Roma è una squadra che ricerca il possesso palla come mezzo per mantenere il controllo della partita. Il dominio del pallone non è imprescindibile per i giallorossi, tuttavia rappresenta la condizione ideale per esprimere al meglio il suo gioco offensivo, come accaduto proprio nel match del Franchi contro la Viola, dove la squadra sembra aver raggiunto il picco stagionale in quanto a qualità ed efficacia.
Costruzione e sviluppo
La costruzione dal basso è una costante praticamente irrinunciabile. La situazione tipica vede uno dei due centrocampisti – molto più spesso Diawara rispetto a Veretout – scendere sulla linea dei due difensori centrali, così da rappresentare il fulcro di un perimetro di cinque giocatori. In costruzione viene sempre coinvolto anche il portiere Pau Lopez, che non solo fornisce una valida alternativa di appoggio, ma si rivela spesso un’arma in più nel superare direttamente la prima linea di pressione grazie alla sua abilità coi piedi, soprattutto quando il pressing avversario si fa alto. Qualora le linee centrali risultassero particolarmente intasate è uno dei due terzini a turno a rimanere vicino ai centrali di difesa.
Generalmente, però, in questa fase i terzini si allargano e si alzano fin sulla trequarti avversaria, garantendo ampiezza alla manovra per permettere agli esterni alti – Zaniolo a destra e Perotti a sinistra – di abbassarsi e stringere giocando all’interno del campo. In questo modo l’esterno argentino diventa spesso, insieme a Veretout, la prima opzione di passaggio per iniziare lo sviluppo dell’azione, associandosi con il terzino sulla sua fascia, in questo caso Kolarov.
Se, dunque, Perotti compie questo movimento di discesa e accentramento con la reale intenzione di ricevere il pallone dietro la prima linea di pressione avversaria, la corsa incontro al portatore del giovane italiano è finalizzata soprattutto ad attirare il pressing avversario e liberare spazio per la ricezione di Pellegrini, sia come ulteriore soluzione per lo sviluppo della manovra sulla linea mediana, sia per permettere a quest’ultimo di essere trovato direttamente dietro i centrocampisti avversari. Proprio la possibilità di servire in maniera più diretta e verticale le qualità del trequartista romano ha rappresentato diverse volte in questa stagione un’arma letale. A tal proposito è emblematico il terzo gol contro la Fiorentina, dove un raffinato tocco di prima di Florenzi ha permesso di innescare due caratteristiche estremamente prolifiche nel modo di attaccare la difesa avversaria di Pellegrini: la capacità di conduzione in campo aperto e l’associarsi con una punta di grande caratura tecnica come Dzeko.

Rifinitura e finalizzazione
Grazie alla salita dei terzini – che si aggiungono alla batteria dei tre trequartisti e della punta – la Roma attacca l’ultimo quarto avversario con molti uomini. Come già detto, gli esterni alti si accentrano occupando gli half-spaces, i terzini presidiano le fasce allargando il campo, mentre Pellegrini è libero di svariare in tutta la zona di rifinitura. Si vengono così a creare in fascia delle catene con Florenzi e Kolarov. Sono in particolare il serbo e l’Argentino a scambiarsi e muovere spesso il pallone, sia per risalire il campo che per scombinare le disposizioni avversarie. Dall’altra parte, invece, Florenzi trova assistenza soprattutto in Pellegrini, con Zaniolo che viene lasciato più libero di sfruttare la propria velocità e fisicità con strappi e inserimenti dietro la linea dei difensori.
I terzini danno ampiezza alla manovra, ma la Roma preferisce sempre attaccare la linea avversaria per vie centrali ed è raro vedere cross provenienti dal fondo: i giallorossi, infatti, sono la prima squadra in serie A per percentuale di attacchi portati dalla fascia di mezzo del campo. Questo è ciò che ricerca Fonseca ed è facilitato in questo anche dalla presenza di un attaccante come Dzeko, forte tecnicamente e molto astuto nei movimenti: un vero e proprio facilitatore di gioco per i compagni di attacco. Il bosniaco è in possesso di un controllo palla e di una fisicità che gli permettono di calamitare su di sé numerosi palloni. Inoltre ama spesso andare incontro al possessore per dialogare con esso; questi movimenti verso l’esterno dell’area di rigore non solo portano Dzeko più vicino alla palla, ma sono in grado di scombinare l’ordine posizionale della difesa avversaria e liberare spazio per gli inserimenti degli esterni. Ne è un perfetto esempio il primo gol della partita contro la Fiorentina, dove è lui stesso a beneficiare di un traversone di Zaniolo, inseritosi alle spalle della difesa e pescato dal solito Pellegrini con una palla morbida sopra la testa dei difensori gigliati.
Ad ogni modo la Roma sa essere letale anche in ripartenza – quando si tratta di sfruttare gli spazi in campo aperto – grazie alle corse in conduzione di Pellegrini, Perotti e Mkhitaryan e alla velocità e l’abilità nell’ 1vs1 di Zaniolo e di altri giocatori non presenti nella partita presa in analisi, come Kluivert, Under o Spinazzola.

TRANSIZIONI POSITIVE
I giallorossi non sembrano avere una particolare fretta di recuperare il pallone in zone alte del campo, a meno che questo non possa generare un vantaggio diretto dovuto ad un errato schieramento della difesa avversaria o un eccessivo sbilanciamento in avanti di chi attacca. La Roma punta a riconquistare il possesso nella zona tra il centrocampo e la difesa, soprattutto con i due centrocampisti. Da qui può ricominciare ad imbastire la propria trama nella maniera che preferisce, consolidando e avviando la sua costruzione dal basso. Tuttavia, come accennato, non è raro vedere i giallorossi verticalizzare immediatamente per approfittare di eventuali spazi concessi dagli avversari. Il quarto gol firmato da Zaniolo – con la Fiorentina tutta riversata in avanti – ne è un classico esempio. Quest’anno, però, la Roma ha saputo capitalizzare questa capacità anche in partite come quella col Milan, col Sassuolo o col Verona, dove ha saputo anche rinunciare alla supremazia nel possesso palla per trarre profitto dagli spazi concessi.
Generalmente è Dzeko a rimanere alto cercando l’ultimo difensore o una zona dove poter ricevere il pallone addosso come predilige. Talvolta però il bosniaco è accompagnato o si alterna con Zaniolo, che attraverso smarcamenti preventivi va alla ricerca di zone in cui poter essere servito sulla corsa, soprattutto nelle già citate situazioni in cui si profila la possibilità di rapidi ribaltamenti di fronte.
FASE DI NON POSSESSO
Anche in fase di non possesso la Roma si dimostra una squadra riflessiva. La prima linea di pressione è portata da Dzeko e dai due esterni ed è volta soprattutto a disturbare la costruzione orientando il possesso verso i lati del campo. L’obiettivo del pressing della Roma è di non concedere una risalita pulita del pallone, chiudendo le linee di passaggio centrali. Congestionando il centro con una grande densità di uomini, dunque, la Roma punta alla già citata riconquista del possesso nella zona nevralgica della propria trequarti, dove Veretout e Diawara, sempre ben posizionati e scaglionati tra loro, costituiscono una vera e propria cerniera capace di produrre tanti recuperi.
Più in generale l’11 capitolino si sta dimostrando una squadra in grado di difendere con pazienza e attenzione anche a difesa schierata. A inizio stagione, infatti, aveva subito troppi gol in situazioni in cui non è stata in grado di compensare la propria propensione offensiva con adeguate corse della linea di difesa a coprire lo spazio lasciato dietro di essa.
Il sistema difensivo dei giallorossi è rodato ed efficiente. La diagonale della linea riesce sempre a garantire almeno due livelli di copertura dietro al marcatore, mentre Smalling e Mancini costituiscono una coppia affiatata, scaglionandosi e garantendosi copertura vicendevolmente nelle proprie uscite aggressive. A volte, tuttavia, lo scarso dinamismo in fase difensiva di Kolarov può provocare qualche problema nella sincronia dei movimenti. In occasione del gol della Fiorentina, infatti, l’ex Manchester City ritarda la propria corsa a salire, mantenendo in gioco Badelj che da pochi metri si gira e insacca. Florenzi e Kolarov, inoltre, possono spesso subire negli 1 vs 1, per questo Fonseca ha dato molto spazio a Spinazzola soprattutto al posto dell’ex capitano romanista, al fine di ottenere maggiori garanzie da questo punto di vista, pur perdendo molta qualità in fase di possesso.
TRANSIZIONI NEGATIVE
Portare molti uomini in zone alte del campo richiede che i giocatori più arretrati garantiscano copertura e una precisa sinergia nei movimenti. Generalmente la Roma rimane solo con 2 o 3 giocatori dietro la linea del pallone, tra cui quasi sempre i difensori centrali. Dal punto di vista delle coperture preventive risulta perciò fondamentale l’alternanza tra Diawara e Veretout: quando uno viene coinvolto nelle fasi di costruzione e sviluppo, l’altro offre sempre copertura. I due centrocampisti sono imprescindibili nell’azione di tamponamento susseguente alla perdita del pallone: mentre il francese tende più a difendere in avanti, il guineano preferisce attendere come un vero e proprio schermo sulla trequarti di difesa, risultando prezioso anche nelle corse all’indietro a palla scoperta, che tanto hanno fatto soffrire la Roma ad inizio stagione. Entrambi sono comunque molto abili a leggere preventivamente ed intasare le linee di passaggio avversarie verso il centro.

In partite con molto possesso come quella contro i viola, quando perdono palla in zone più avanzate del campo preferiscono aggredire, non tanto per tentare di recuperare immediatamente il pallone, quanto per interrompere la risalita veloce permettendo alla difesa di riordinarsi, senza disdegnare il fallo. In questi frangenti sono decisive l’aggressività di Veretout e spesso anche il sacrificio in ripiegamento di Zaniolo, che non si risparmia mai nel rincorrere gli avversari, spendendo a volte qualche cartellino di troppo.
CONCLUSIONI
La squadra della Lupa sembra una lontana parente non solo di quella dello scorso anno, ma anche di quella di inizio stagione. Fonseca si è rivelato un tecnico capace nel leggere le debolezze degli avversari e nel preparare le partite intelligentemente. I giallorossi non stanno mostrando timore, ricercando il controllo del contesto anche contro squadre superiori, come nel caso della partita contro l’Inter, dove però l’insistenza nel fraseggio dei centrali difensivi le ha fatto correre qualche rischio di troppo.
In effetti, fino al match con la Fiorentina, la squadra ha palesato difficoltà proprio quando ha ricercato in maniera spasmodica di creare occasioni attraverso lunghe azioni manovrate. In partite come quella contro il Parma o con il modesto Wolfsberger, ad esempio, la Roma non è riuscita sempre a tamponare la costante presenza nella trequarti avversaria, faticando a correre all’indietro e subendo il contropiede. Questa problematica si evidenzia soprattutto quando deve rinunciare ad uno tra Smalling e Mancini, sostituiti con il più lento Fazio, o ad altri giocatori fisici e veloci come Diawara, Veretout e Spinazzola.
Ciò che più di tutto ha colpito fin qui di questa Roma è proprio come sia riuscita a mettere in campo i suoi principi di gioco modellandoli in base al contesto e ai ritmi della partita, cosa che l’ha portata diverse volte a rinunciare al possesso prolungato per ricercare una verticalità più immediata e letale. Fonseca pare quasi aver fatto assimilare il proprio modello di gioco ideale in maniera graduale, mettendolo spesso in stand-by per riproporlo sempre più migliorato, fino alla versione vista con la Fiorentina, dove è sceso in campo un meccanismo quasi perfetto, forgiato ad immagine e somiglianza dell’allenatore portoghese.
PUNTI DI FORZA
- Grande qualità tecnica di quasi tutti i suoi interpreti;
- Intelligenza e capacità di interpretazione dei ritmi della partita;
- Ottima alternanza di giocatori fisici e veloci con giocatori tecnici e riflessivi;
- Varietà di soluzioni offensive e panchina lunga;
- Molto pericolosa sui calci piazzati (Prima in questa statistica con 9 gol fino alla 17° giornata)
- Solidità difensiva;
- Condizione mentale e fiducia nel proprio allenatore.
PUNTI DI DEBOLEZZA
- Difficoltà nel coprire lo spazio dietro alla difesa di giocatori come Kolarov, Florenzi e Fazio e sofferenza in contropiede;
- amnesie difensive e sofferenza nell’ 1vs1 dei propri terzini;
- mancanza di alternative di qualità tecnica sull’esterno sinistro in assenza di Kolarov;
- errori e leggerezze dei difensori centrali in fase di costruzione, soprattutto se sotto pressione.