INTRODUZIONE
Dopo 39 anni il Messina torna in Serie A nella stagione 2004-2005. Doveva essere la classica squadra “materasso” e, invece, fu una compagine che riuscì a mettere in ginocchio tante delle big del calcio italiano non solo dal punto di vista del risultato ma anche sotto il profilo del gioco e della tattica. Quel Messina terminò il campionato al settimo posto a un passo da una clamorosa qualificazione in Europa.
LA SQUADRA
Ovviamente, non fu solo un miracolo sportivo perché quel Messina portò con sé grandi personalità e talenti: Arturo Di Napoli, Alessandro Parisi, Marco Storari, Carmine Coppola, Salvatore Sullo, Domenico Giampà, i quali, aggiunti agli acquisti per affrontare la massima divisione come Riccardo Zampagna, Marco André Zoro, Rahman Rezaei, Massimo Donati, Nicola Amoruso e Gaetano D’Agostino, tanto per citarne alcuni, diedero vita al migliore Messina di tutti i tempi. Tutto sotto la guida sapiente e attenta di Bortolo Mutti: un 4-4-2 che garantiva copertura, velocità sulle fasce e che, a seconda degli avversari, poteva essere interpretato in maniera più offensiva o più difensiva. Insomma, una squadra operaia che sapeva adattarsi di partita in partita e, al contempo, adeguarsi alle necessità cambiando sistema di gioco nell’arco dei novanta minuti grazie alla duttilità di alcuni giocatori.
FASE DI POSSESSO
Proprio in virtù di tale spirito di adattamento, la fase di possesso del Messina poteva essere interpretata in 2-4-4, con i quarti di difesa a dare man forte ai centrocampisti centrali, o in 4-2-3-1, con un attaccante, perlopiù Di Napoli arretrato a destra.
Costruzione: Era molto spesso affidata al lancio lungo a cercare Zampagna o Di Napoli, i quali alternativamente arretravano anche fino alla linea di centrocampo per cercare la sponda sulle vie laterali. Due attaccanti capaci di allungare la squadra avversaria permettendo ai centrocampisti di partecipare alla manovra offensiva e di disporre di ampie zone di campo “liberate”.

Rifinitura e finalizzazione: Grande importanza rivestono le catene laterali, le quali portavano tanti cross e traversoni per gli attaccanti, abili sia di testa che con la palla a terra. Con la stessa frequenza veniva prediletto anche l’accentramento del quarto di centrocampo per sfruttare la sponda di una delle due punte.

FASE DI NON POSSESSO
Veniva gestita con un 4-4-1/1 perché la partecipazione degli attaccanti veniva effettuata alternativamente dai due in base alla zona del campo nella quale si trovava il pallone. Perlopiù il Messina agiva con un pressing sul portatore di palla avversario per costringerlo ad accelerare i tempi della giocata e all’errore. Quando gli avversari raggiungevano la trequarti il leit motiv non cambiava: immediata l’uscita di uno dei difensori sul portatore avversario e immediato ripiegamento in zona palla per creare densità e una sorta di accerchiamento dell’avversario.

TRANSIZIONE POSITIVA
Veniva sfruttata dal Messina con una rapida verticalizzazione laterale sfruttando molto la velocità degli uomini grazie al lavoro di smarcamento preventivo degli attaccanti abili ad abbassare la retroguardia avversaria.
TRANSIZIONE NEGATIVA
Perdendo il possesso della sfera, il Messina dimostrava spesso grande compattezza e rapidità nel ripiegare, riposizionarsi velocemente dietro la linea della palla e rallentare la manovra avversaria.
SWOT
Nonostante l’involuzione del finale di stagione e degli anni successivi, affrontare il Messina di Mutti fu difficile per tutti. Tra i punti deboli possiamo annoverare una difesa centrale facilmente perforabile in area di rigore e la tendenza a subire gol da fuori area e a difesa schierata.