Il Pescara 2017/18 è guidato dal tecnico boemo classe 1947 Zdenek Zeman, tecnico che nel 2011/12 portò il Pescara ad un’inaspettata, ma allo stesso tempo emozionante promozione in serie a. Arrivato lo scorso anno a stagione già compressa, con una retrocessione ormai segnata, Zeman quest’anno aveva il compito di riportare la squadra nella massima seria, grazie al suo calcio scoppiettante e divertente, fatto di corsa e di qualità. Qualcosa però non sta andando per il verso giusto e il Pescara naviga a metà classifica, con la terza peggior difesa e giocatori che sembrano abbastanza svuotati e spremuti dai metodi duri del sergente di ferro. Inoltre i singoli non sembrano muoversi in sintonia, non applicando a memoria i movimenti che il tecnico pretende.
Il Pescara in fase di possesso gioca con un classico 4-3-3, con i due terzini che hanno il compito di agire su tutta la fascia di competenza, vista la volontà di Zeman di far venire a giocare tra le linee i due esterni d’attacco, con gli interni di centrocampo pronti ad inserirsi e sempre in proiezione offensiva. Questa trazione estremamente offensiva, se non è accompagnata da una grande condizione fisica e un’alta voglia di sacrificarsi da parte dei singoli, lascia enormi spazi con i due difensori centrali e il mediano troppo scoperti.
Nella costruzione dal basso i due centrali si allargano sul vertice dell’area di rigore, i terzini si alzano a livello della panchina e i tre centrocampisti spesso ruotano scambiandosi di posizione, rendendo difficile la loro marcatura. Una volta superata la prima linea di pressione, nella fase di sviluppo e di rifinitura gli esterni d’attacco convergono verso il centro, lasciando la fascia libera per gli inserimenti dei terzini. Se l’esterno viene dentro e il suo marcatore lo segue è la punta attacca la profondità buttandosi sulla fascia. Quando gli esterni tendono a rimanere larghi spesso prediligono il taglio alle spalle dei difensori. Una volta che la sfera si trova sulla fascia, Zeman chiede ai suoi giocatori di creare superiorità numerica, portando tutti e tre i giocatori della catena di riferimento in zona offensiva.
In fase di non possesso, stranamente, non adotta un pressione alta e ultra offensiva, come ci ha da sempre abituato il tecnico boemo, ma decide di difendere con tutta la squadra dietro la linea del pallone, rimanendo con l’uomo più avanzato quasi nel cerchio di centrocampo. Questo atteggiamento da alla squadra avversaria il modo di ragionare e preparare l’attacco offensivo, cosa assolutamente deleteria per una squadra allenata da Zeman, soggetta sempre a difficoltà e amnesie difensive. Quando adotta una pressione offensiva, i giocatori adottano spesso un pressing individuale e non di reparto, uscendo male e fuori tempo, venendo spesso saltati con facilità come accade in questa circostanza con Mazzotta.
In transizione offensiva cerca di ripartire in maniera veloce cercando di trovare gli spazi giusti lasciati dalla squadra avversaria, a volte mal posizionata a causa della perdita del possesso.
Nelle transizione difensive il primo obbiettivo è quello di andare a riconquistare la palla nel modo più veloce possibile, facendo densità intorno al portatore di palla, ma spesso dà l’impressione di essere una giocata dei singoli e non una giocata da squadra organizzata e compatta.
Purtroppo però questo Pescara sembra ancora molto lontano da una condizione fisica e mentale che gli permetta di raggiungere l’obbiettivo play-off. In questa clip si nota che in una transizione difensiva, dopo appena 45 secondi di gioco, Valzania non accelera proprio nel tentativo di contrastare il diretto avversario che era scattato in avanti e che a fine azione colpirà il palo.
Spesso in fase di non possesso, i giocatori difendono in maniera scriteriata. Mazzotta esce molto alto e quando viene saltato non recuperare in fretta lasciando un buco sull’esterno che non viene coperto nè dalla mezz’ala e nè dal mediano che guardano l’esterno avversario, il quale si gira e punta. Il difensore centrale, sembra troppo impacciato e non sa se uscire o rimanere in posizione, decide di uscire, ma troppo in ritardo lasciando i compagni di reparto in inferiorità numerica. Ma soprattutto lascia un buco nella zona di sua competenza, il quale non viene coperto dal mediano che guarda solo la palla.
I terzini da sempre valore aggiunto nelle squadre di Zeman sembrano svogliati e non in condizione adeguate per giocare secondo il credo del loro mister. Zampano, lo scorso uno dei migliori terzini per rendimento della serie a, sembra scontento dalla mancata cessione nella stagione estiva e questo si ripercuote sul suo rendimento. Stesso discorso per Mazzotta, giocatore con oltre 200 presenze in serie b. Nel primo caso Zampano in transizione difensiva invece di recuperare passeggia nella trequarti avversaria, nel secondo caso entrambi sono, erroneamente, in proiezione offensiva lasciando scoperta la retroguardia, e una volta persa palla recuperano in netto ritardo. In occasione del secondo gol avversario Mazzotta respinge un pallone nel cuore dell’area di rigore.
In quest’azione si vede una classica azione zemaniana, con la difesa avversaria che è in uscita, l’esterno taglia alle spalle del proprio avversario. Allo stesso tempo però lo spazio in area di rigore è molto mal gestito, con il solo Pettinari presente. Le mezz’ali che nella concezione calcistica del tecnico dovrebbero inserirsi e occupare l’area di rigore, sono lontane dall’azione e Del Sole, esterno opposto che non entra in area non accompagnando l’azione. Lo stesso, in questa circostanza guadagna il centro del campo con troppo anticipo, andando a chiudersi ogni possibilità di ricevere palla.