Il Valencia 2017/18 targato Marcelino García Toral è una lectio magistralis sul risollevamento delle sorti di un club finito nel baratro di una profonda crisi sportiva ed amministrativa (4 allenatori cambiati nel corso della stagione precedente e 12esimo posto finale). Puntando sul mister asturiano, il presidente Peter Lim si è finalmente ritrovato tra le mani una squadra pragmatica, con un’identità di gioco ben definita capace sia di valorizzare giovani promettenti come Soler, Guedes e Gaya, che di rilanciare dei profili più maturi provenienti da esperienze deludenti in contesti di medio-alto livello (Zaza, Kondogbia, Murillo, Montoya) basandosi sull’influente carisma dei più navigati Garay e Parejo, ma trovando il coronamento del progetto soprattutto grazie alle idee ed alla corretta applicazione dei principi di gioco del tecnico.
Il sistema di gioco di riferimento è un 4-4-2 compatto dalle forti influenze posizionali sacchiane, che ha come cardini: un atteggiamento basato sulla sincronia tra i giocatori volta al mantenimento perfetto delle linee, una lunghezza media contenuta ed una elevata rapidità di verticalizzazione in fase di possesso. La squadra predilige lunghe fasi di non possesso, controllate tramite una difesa a zona pura, per attaccare l’avversario con fulminee ripartenze in contropiede una volta riconquistato il pallone.
Tuttavia, il Valencia è una squadra che sa disimpegnarsi bene anche quando affronta la fase di possesso partendo dal basso contro una difesa schierata, grazie al grande movimento senza palla e a continui interscambi posizionali soprattutto sulle catene laterali, dalle quali provengono la maggior parte delle occasioni prodotte dai Murciélagos.
La formazione tipo prevede Neto in porta dietro la consueta linea difensiva a 4 composta dai terzini di spinta Jose Gayà a sinistra e Martin Montoya o Nacho Vidal a destra, e dai centrali Jeison Murillo (centrosx) ed Ezequiel Garay (centrodx). Quest’ultimo assume un atteggiamento più attendista e compiti di regia difensiva, mentre l’ex Inter ha un approccio più aggressivo e volto ad accorciare verso il portatore o a cercare l’anticipo.
A centrocampo gli esterni sono i giovani e tecnici Gonçalo Guedes e Carlos Soler (canterano) rispettivamente a sinistra e a destra. La coppia di mediani è formata da Geoffrey Kondogbia e Dani Parejo. I due riescono a fornire un set di abilità complessive sufficienti da garantire sia il giusto contributo difensivo che la sufficiente pulizia nella circolazione della palla.
L’undici è chiuso da una coppia di punte parecchio mobili ed attive anche in fase di non possesso, Simone Zaza e Rodrigo Moreno.
FASE DI POSSESSO
In fase di possesso il 4-4-2 valenciano si diluisce in varie forme con lo scopo di creare superiorità numerica posizionale in ogni zona del campo. Indicativamente, possiamo dire che Valencia si dispone con un 2\4-4 che si trasforma in un 2\3-3-2 man mano che la squadra sale: i centrali difensivi si occupano solo della costruzione bassa ed accompagnano la manovra fino all’altezza del centrocampo; i terzini forniscono l’ampiezza attaccando in sovrapposizione quando sono sul lato forte; uno dei mediani (frequentemente Kondogbia) rimane a protezione mentre l’altro (Parejo) si dispone su una linea verticale all’altezza della trequarti; ai fianchi del mediano avanzato si stringono gli esterni di centrocampo Guedes e Soler, che occupano gli halfspaces di competenza per far densità nella zona centrale e liberare spazi sulle corsie esterne; le punte vengono incontro al portatore per aumentare ulteriormente la superiorità numerica centrale costringendo così tutta la linea difensiva avversaria ad accorciare. A questo punto solitamente l’azione viene rifinita con un cross/traversone dai terzini in sovrapposizione o con una verticalizzazione per una punta o un esterno che attacca centralmente la profondità alle spalle della difesa.
Il Valencia di Marcelino, essendo una squadra che generalmente predilige l’attacco in ripartenza generato grazie a transizioni offensive aggressive e improntate alla verticalizzazione più rapida possibile, non ha un grandissimo repertorio dal punto di vista delle azioni manovrate dal basso.
Le costanti di gioco più consolidate in questi frangenti sono quelle reperibili nelle clip, situazioni basate alla grande spinta fornita dagli esterni bassi, alla tecnica nello stretto di quelli alti ed alla gamba delle punte, frequentemente chiamate ad abbassarsi per far densità ed attaccare la profondità sia in coppia che “ad elastico”. L’azione viene poi rifinita con un cross se la palla arriva in fondo lateralmente o con una verticalizzazione dall’halfspace se le sovrapposizioni dei terzini hanno allargato le maglie avversarie per gli inserimenti centrali.
FASE DI NON POSSESSO
In fase di non possesso la strategia principale della squadra giallorossa è serrare i ranghi accorciando le distanze tra le linee, togliere spazio di manovra centralmente all’avversario e dirottarlo verso le fasce. La disposizione è sempre il canonico 4-4-2, grazie al quale riescono agevolmente ad indirizzare con il pressing l’avversario verso l’esterno e attaccarlo per recuperare il possesso sfruttando le scalate della catena laterale sul lato forte: quando uno degli esterni esce in marcatura la situazione è di facile compensazione per il resto della squadra.
Il Valencia sceglie volutamente di non difendere l’ampiezza, lasciando completamente scoperto il lato debole pur di non allargare le linee in mezzo.
La costruzione bassa avversaria viene raramente pressata: la prima aggressione avviene all’incirca a metà campo, dove le due punte Zaza e Rodrigo, dotate di un temperamento adatto alle richieste, iniziano ad indirizzare il portatore verso l’esterno. Solo a questo punto le linee di difesa e centrocampo iniziano ad accorciare.
Notevole anche la precisione nell’utilizzo della trappola del fuorigioco, grazie al minuzioso lavoro di Marcelino sui movimenti sincronizzati della linea arretrata.
Da segnalare una non eccellente capacità di lettura degli smarcamenti preventivi avversari, che possono mettere in difficoltà soprattutto la coppia centrale.
LE TRANSIZIONI
L’attitudine aggressiva della squadra è traslata anche nel posizionamento durante le transizioni sia positive che negative.
Le transizioni offensive hanno spesso luogo nella maniera più idonea alla ricerca della verticalizzazione in qualsiasi zona del campo in cui il pallone venga riconquistato. Per poter attaccare la profondità nel minor tempo possibile assumono un grande ruolo i posizionamenti delle coppie di esterni: le risalite sono spesso poi affidate al solito lavoro di sovrapposizione dei terzini, oppure al lavoro di sponda e attacco delle punte.
Provvidenziale per questo tipo di atteggiamento una corretta esecuzione dei movimenti di smarcamento preventivo in fase di non possesso, per consentire una più veloce risalita del campo. Tutti i giocatori offensivi della squadra di Marcelino sembrano aver assimilato alla perfezione questa specializzazione, e ragionano muovendosi non solo in funzione della ricezione pulita, ma anche focalizzandosi sulla giocata successiva in verticale. Per questo è frequente vederli eseguire delle ripartenze rapide ed efficaci.
Le transizioni difensive sono anch’esse improntate per la riconquista immediata del possesso. Il piano principale del Valencia è sfruttare la densità numerica in zona palla per portare la riaggressione con diversi uomini verso il portatore, accompagnando con un accorciamento in avanti dei difensori, che però non sono esattamente performanti nelle letture delle marcature preventive.
Si tratta forse della fase di gioco in cui la squadra di Marcelino mostra margini di crescita più ampi, in quanto essendo principalmente abituati a giocare la palla rapidamente e colpire con azioni brevi e fulminee accompagnate da un numero di uomini almeno pari a quello dei difendenti avversari, dunque con un rischio di fallibilità non trascurabile, non è infrequente vederli un po’ arrancare nelle riaggressioni immediate conseguenti alle loro offensive.
D’altronde, le distanze che si vengono a formare in questo tipo di attacchi non consentono uno scaglionamento troppo sicuro ai fini della densità in zona palla.
Al momento, il Valencia compensa questo tipo di rischio cercando di mantenere una lunghezza media molto corta ed attuando quasi alla perfezione la trappola del fuorigioco.
PUNTI DI FORZA
- Solidità posizionale con e senza palla (distanze tra le linee e nelle linee);
- Elasticità negli interscambi tra i quattro uomini offensivi ed i terzini in sovrapposizione;
- Rapidità di esecuzione in fase di possesso; specialmente nelle ripartenze;
- Posizionamento nelle transizioni offensive;
- Ottime doti di rifinitura e finalizzazione grazie anche alle qualità dei singoli.
PUNTI DEBOLI
- Difficoltà nelle marcature preventive;
- Riaggressioni immediate a palla persa non sempre efficaci;
- Prevedibilità in costruzione di manovra.