Pep Guardiola ed Antonio Conte sono arrivati alla sfida del 6 dicembre con trend opposti. Dopo un inizio spumeggiante, il Manchester City si presentava con sole 4 vittorie nelle ultime 12 partite tra campionato e coppa. Il tecnico salentino invece aveva risposto alle voci di un possibile esonero con 7 vittorie nelle ultime 8 partite, potendo così presentarsi all’Etihad Stadium da capolista con un punto in più degli Sky Blues, secondi in classifica.
Gli schieramenti iniziali prevedevano 2 formazioni con schieramenti speculari, 3-4-2-1 di base. Spesso si dice che gli allenatori in questione ritengano più importanti i principi dei sistemi ma, mai come in questa situazione, il sistema di gioco è stato necessario per l’attuazione del piano gara di entrambi gli allenatori.
Fin dai primi minuti, nessuna delle due compagini si è risparmiata ed ha cercato il recupero alto del pallone, con un sistema di marcature ad uomo reso più semplice dalla disposizione speculare delle due squadre. Grazie a ciò, la partita si è sviluppata sui binari dei duelli individuali, in puro stile Premier League.
In una situazione del genere, è stato fondamentale il piano di uscita dal pressing. Guardiola, fedelmente alle sue idee, ha cercato la costruzione palla a terra ricorrendo al lancio diretto solo in occasioni di affanno. Il lancio diretto, in ragione dell’inferiorità fisica degli attaccanti del Manchester City era la soluzione potenzialmente meno efficiente e quindi da implementare soltanto per evitare la perdita del pallone in posizioni pericolose. Dall’altra parte, Antonio Conte ha messo in campo il suo classico set di opzioni esplorato nelle precedenti esperienze, capeggiato dall’ormai celebre attacco contemporaneo della profondità e dell’ampiezza. Nella costruzione dal basso entrambi gli interpreti del double pivot arretravano, portandosi dietro i dirimpettai avversari. In questo modo si veniva a creare un importante spazio davanti alla difesa avversaria, da sfruttare anche con le seconde palle. Nel frattempo gli esterni di centrocampo sempre molto alti tenevano bloccati gli avversari di fascia. Proprio in questo modo al 14’ il Chelsea ha creato la prima conclusione di Hazard che si è spenta di poco a lato. In quest’impalcatura va segnalato D. Luiz che, insieme a Fabregas, ha il compito di eseguire il lancio diretto, potendo così mettere in mostra le sue doti tecniche. Lo spazio alle spalle della difesa di casa sarà per tutta la partita sfruttato abilmente dai Blues che, al 25’ con un lancio diretto di Fabregas per Hazard creano l’occasione più limpida della prima frazione.
Il City dal canto suo non è sceso a compromessi continuando a creare le sue trame di gioco. Riconoscendo la densità centrale creata dal Chelsea, Guardiola ha provato a sfondare sulle fasce, in particolar modo a destra. Gli Sky Blues si disponevano asimmetricamente, con Silva, teoricamente il rifinitore sinistro, che si accentrava, cercando di isolare Sané contro Moses. La catena di destra è stata la deputata alla costruzione del possesso, con De Bruyne che arretrava per costruire l’azione e permettere a Navas di avanzare al suo posto.
Il risultato è stato una pioggia di cross da parte del belga e di Navas, tanto che, alla fine della partita, il solo De Bruyne con i suoi 10 cross ha superato nella statistica l’intero Chelsea fermo a 9. La strategia ha portato i suoi frutti al 44’ quando, sull’ennesimo cross di Navas, Cahill ha segnato un goffo autogol.
La partita ha ripreso nel secondo tempo sui medesimi binari, con il City in apparente controllo. La squadra londinese nel secondo tempo ha abbassato il baricentro, tanto che nella seconda frazione è risultata con una posizione media di ben 17 metri in meno rispetto agli avversari. Al 50’ Antonio Conte decide quindi di effettuare il cambio che segnerà le sorti del match: William al posto di Pedro. La sofferenza della squadra londinese è stata chiara per tutto il primo quarto d’ora del match, culminando al 57’, quando il City costruisce un veloce contrattacco vanificato da De Bruyne che sbaglia un gol praticamente a porta vuota.
Proprio nel miglior momento della squadra di casa, i ripetuti tentativi di lancio diretto del Chelsea danno i loro frutti: movimento incontro di Hazard e contemporaneo attacco della profondità da parte di D. Costa, servito con precisione da Fabregas. Come coprire lo spazio alle spalle della difesa del City è stato un rebus a cui Guardiola ha risposto con l’intensità del pressing ma, con il progredire del secondo tempo e l’avanzare della stanchezza, l’efficacia del pressing è andata diminuendo e la squadra di casa non è più riuscita ad arginare le transizioni positive del Chelsea. L’ingresso di William aveva proprio l’obiettivo di inserire un giocatore più rapido, capace di coprire velocemente le ampie distanze che separavano il Chelsea dalla porta avversaria. Pedro invece, più tecnico ed associativo, risulta più utile a giocare il pallone sotto pressione come nel primo tempo.
Il Chelsea segna quindi 2 reti da veloci transizioni, fissando così il risultato sull’1-3 finale e consolidando il primato in classifica. Il City invece esce sconfitto solo apparentemente a causa di episodi negativi. Anche la successiva partita contro il Leicester conferma le difficoltà degli Sky Blues a difendere lo spazio alle spalle della difesa e quindi, non ci resta che aspettare che Pep Guardiola estragga un altro coniglio dal cilindro.