Parlare di calcio senza scadere nella chiacchiera banale da bar oggi diventa sempre più difficile, forse perché molti pensano che è stato già detto tutto, che il gioco del calcio sia stato completamente esplorato e parametrato. Ciò accade tanto a livello giornalistico, quanto a livello tecnico. Ma c’è un mondo che latita dai salotti televisivi e troppo spesso purtroppo anche dagli staff tecnici delle società calcistiche italiane: è il mondo dei ricercatori del calcio.
Analisti, esperti di tattica, geni matematici e statistici, figure professionali che all’estero sempre più spesso entrano di diritto a far parte di staff tecnici di club di calcio e nella peggiore delle ipotesi collaborano con squadre e federazioni nell’ambito di programmi di ricerca volti allo sviluppo di modelli di analisi della performance sempre più accurata e scientificamente avanzata.
Pep Guardiola, sicuramente l’allenatore di calcio più vincente dell’ultimo decennio, ex stella del Barcellona, fino a quest’anno condottiero del Bayern Monaco e neo allenatore del Manchester City degli sceicchi, in tempi non sospetti affermò che il dipartimento di Performance Analysis fosse il più importante per il raggiungimento degli obiettivi agonistici della sua squadra. In Italia purtroppo, tra la diffidenza degli allenatori della vecchia guardia, che difficilmente accettano nella propria squadra una figura di analisi così “scomoda” (in grado di conoscere e valutare la performance della propria squadra in maniera più lucida e oggettiva rispetto al tecnico stesso) e la mancanza di una preparazione in linea con gli standard internazionali, soprattutto per quanto riguarda la parte analitico-quantitativa, da parte dei match analyst nostrani, preparatissimi invece su argomenti di natura tattico-qualitativa, la disciplina dell’analisi di performance calcistica fatica ad affermarsi. Si pensi infatti che non tutti i club professionistici italiani hanno in staff un match analista, per non parlare dei club dilettantistici.
C’è da ammettere tuttavia che tale ritardo è imputabile anche ad una mancanza di attenzione sull’argomento da parte della FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio), che ancora non riconosce la figura professionale autonoma del performance analyst, figura che necessità si di una preparazione di natura tecnico-tattica, ma soprattutto di un percorso di formazione statistico-matematico. Parliamo di un professionista del dato, un analista, uno scienziato del calcio al servizio della squadra 24 ore al giorno. Proprio questa è una delle finalità che persegue l’AIAPC (Associazione Italiana Analisti di Performance Calcio) o Assoanalisti: stimolare il dibattito sulla disciplina, diffonderne la conoscenza nel nostro Paese e dimostrare così agli organi di governo del calcio nostrano che la nostra è una realtà che ha pervaso il calcio mondiale e che l’Italia non può restare a guardare mentre gli altri sistemi calcistici europei progrediscono verso metodologie di analisi calcistica sempre più accurate e scientificamente supportate.