Il Mexico di Juan Carlos Osorio
Il Messico del “profe” Osorio arriva a questo mondiale di Russia con un sogno, arrivare al “quinto partido”, quel quarto di finale che nella sua storia ha raggiunto soltanto due volte, nei mondiali 70 e 86 organizzati proprio in Messico. Quattro anni fa invece, al mondiale brasiliano, il “Tricolor” vide sfumare il “quinto partido” nei minuti finali contro l’Olanda.
Nella rosa dei 23, ben 16 calciatori giocano in Europa e non è un caso, infatti Osorio ha affermato che solo giocando ad alto livello e allenandosi ogni giorno con compagni di alto livello i messicani possano crescere e assorbire anche involontariamente l’attitudine a competere alla pari con tutti. Il nome più importante è forse quello di Hirving Lonzano, classe 95, che al primo anno in Europa con la maglia del PSV in 29 presenze è riuscito a mettere a segno 17 reti e 11 assist in 29 presenze.
“Profe” o “recreacionista”?
Juan Carlos Osorio è un allenatore che fa sicuramente parlare di sé, da due anni sulla panchina dei centroamericani, ha un passato da preparatore atletico del Manchester City dove ebbe la fortuna di conoscere Ferguson, allenatore dell’altra squadra di Manchester, che gli fece conoscere, cosi egli stesso afferma, l’importanza del turn-over. Turn-over fondamentale nel credo dell’allenatore colombiano, che lo portano a concepire 46 formazioni diverse nelle ultime 46 partite giocate. Non ha un undici predefinito, adatta la sua filosofia tattica all’avversario. Questi continui cambiamenti tattici e allenamenti fuori dagli schemi, tipo partitelle 12vs12, portano i suoi detrattori ad appellarlo “recreacionista”. Questi frequenti cambiamenti tattici non gli hanno mai inimicato invece i calciatori, convinti della bontà delle sue idee sono pronti ad immolarsi per il “profe”.
Osorio però i suoi punti fermi ce li ha e come, non nei moduli di gioco ma nei principi tattici. Un esempio è “mediocampista de contención” cruciale nelle logiche di Osorio, perché presiede e gestisce gli spazi davanti alla retroguardia. In avanti la qualità di Lonzano, Vela, Layun e Hernandez danno vita a triangolazioni fondamentali nel gioco offensivo del Messico.
Sistema di gioco
Come detto, Osorio non ha un modulo di gioco fisso ma preferisce adattare i suoi uomini in base all’avversario. Prima del mondiale si ipotizzava un 4-1-4-1, con il mediano di copertura davanti alla difesa, ruolo che sarebbe stato ricoperto da Reyes, un infortunio lo ha tenuto fuori dalla competizione e allora contro la Germania l’allenatore colombiano ha optato per un 4-2-3-1 con 2 mediani di copertura (Herrera e il capitano Guardado) davanti ad una difesa a 4 composta dai due centrali Moreno e Ayala a sinistra Gallardo e a destra Salcedo. A completare il modulo, Lonzano e Layun esterni alti che in fase di non possesso si abbassano sulla linea dei centrocampisti trequartista il mancino Vela dietro la punta Hernandez. In fase di non possesso quindi, si disegna un 4-4-1/1 con Hernadez in smarcamento preventivo.
Fase di possesso
In costruzione il Messico predilige attacchi diretti a saltare le linee di pressione avversaria. L’idea tattica è quella di raggiungere più velocemente possibile la metà campo avversaria, cercando di innescare i calciatori di più qualità: Lonzano; Henandez; Layun; Vela. La costruzione diretta può essere affidata al lancio del portiere Ochoa verso il lato sinistro del campo, dove il Messico crea densità, a cercare la testa di Guardado o Lonzano che una volta impattato il pallone cercano uno scarico immediato per poi attaccare lo spazio verso la porta avversaria attraverso le triangolazioni con Vela e Hernadez.
Altra opzione è la verticalizzazione dei difensori centrali che innescano Hernandez. “Chicharito” viene a giocare in mezzo al campo liberando alle spalle spazio per l’inserimento dei centrocampisti.
Questo stesso lavoro lo fa anche Vela, che attirando su di sé il centrale di difesa avversario, entrato in possesso della sfera apre il campo per gli inserimenti degli esterni Lonzano e Layun.
Quando il gioco si sviluppa per vie laterali la constante è lo scambio terzino-esterno a sinistra tra Gallardo e Lonzano ed a destra tra Salcedo-Layun. L’esterno di attacco ricevuto il pallone si appoggia al centrocampista offensivo per una triangolazione con obiettivo il superamento della linea di pressione avversaria.
Quando il gioco si sviluppa per vie centrali il pallone è affidato al mediano Hector Herrera, Guardado invece rimane in marcatura preventiva, il principio tattico è simile a quello visto nella costruzione diretta, infatti, Hernandez e Vela si abbassano a turno per ricevere il pallone da Herrera attirando su di essi il marcatore e liberando spazio per gli inserimenti alle spalle della linea difensiva degli esterni Layun e Lonzano.
In fase di rifinitura dunque, sono Hernandez e Vela a giocare tra le linee, con l’obiettivo di creare triangolazioni con gli esterni alle spalle della linea difensiva.
Fase di non possesso
In fase di non possesso, il Messico disegna un 4-4-1/1 con il Chicharito Hernandez che rimane libero dalla marcatura ma è impegnato in uno smarcamento preventivo per poi essere punto di riferimento non appena è stato conquistato il pallone e far partire la manovra di contropiede.
In prima pressione, gli attaccanti concedono attraverso la pressione soltanto dei passaggi in orizzontale verso l’esterno, comprendo bene passaggi in verticale negli spazi centrali e gli spazi di mezzo (half spaces). Gli esterni alti si abbassano sulla linea mediana andando a formare una linea a quattro. Inoltre, si occupano di aiutare i difensori della propria fascia di competenza con azioni di aiuto e raddoppi.
A centrocampo, l’obiettivo è quello di limitare le fonti di gioco avversarie con una mirata marcatura a uomo nella zona.
In difesa, i centrali si aiutano con un ottimo marco-copro, quando la palla è in zona esterna la diagonale è lunga.
Transizione positiva
Forse l’arma in più di questo Messico è proprio l’abilità del “Tri” di trasformare l’azione difensiva in offensiva. I centrocampisti offensivi e la punta centrale hanno le qualità tecniche per far partire il contropiede in pochi tocchi. Non appena recuperato il pallone infatti, il pallone finisce sui piedi di Hernandez che con le sue qualità difende bene la palla e permette ai compagni di salire velocemente ad attaccare la zona scoperta degli avversari. Uno degli esterni da l’appoggio alla punta che successivamente va ad attaccare l’aria di rigore. L’altro esterno invece attacca la porta.
Transizione negativa
Perso il pallone, l’atteggiamento del Messico è in linea con quello descritto nel Non possesso. Infatti, i calciatori centroamericani portano pressione all’avversario evitando di concedere il centro del campo orientando i passaggi avversari verso le zone laterali del campo.
Punti di forza:
-qualità nella trequarti campo;
-copertura della zona centrale del campo;
-contropiedi veloci.
Punti deboli:
-poca capacità di concretizzare le occasioni create;
-pressing a volte non armonico e scollegato tra i reparti;
-difesa molto bassa soprattutto nella seconda parte del match.