Analisi realizzata da Nicola Zucchelli, Match Analyst associato AIAPC, abilitato presso il Corso Football Match Analyst – LongoMatch Certification: https://www.elitefootballcenter.com/prodotto/longomatch-fast-track/
La storia di una società di calcio spesso viene accostata nella memoria storica degli appassionati e dei suoi tifosi alla figura di un allenatore. Possiamo pensare ad esempio al Milan di Sacchi, l’Olanda di Michels, il Celtic di Stein o il Manchester United di Alex Ferguson. Allenatori che hanno fatto la fortuna dei loro club segnando in maniera indelebile con i loro successi e le loro idee di calcio, alcuni periodi storici.
Ancora oggi, dopo tanti anni, se parliamo di Juventus non possiamo non pensare a Giovanni Trapattoni. Durante i più di cento anni di storia della società torinese si sono avvicendati moltissimi allenatori, tanti dei quali hanno portato in bacheca trofei nazionali e internazionali. Non si può fare a meno di pensare a figure del calibro di Marcello Lippi, Fabio Capello o Dino Zoff. Ma la lista potrebbe continuare. Però se chiedessimo a un tifoso juventino o semplice appassionato che ha vissuto l’epoca calcistica a cavallo tra gli anni ‘70 e ’80, qual è la Juventus più forte di sempre, la quasi totalità risponderebbe senza dubbi ‘’La Juve del Trap’’.
Giovanni Trapattoni è stato sulla panchina della Juventus dalla stagione 1976 alla stagione 1986, vi è poi ritornato nel 1991 per restarci fino al 1994.
Per capire cosa ha saputo dare il tecnico di Cusano Milanino alla causa bianconera è giusto analizzare alcuni numeri:
- Record di presenze sulla panchina della Juventus in partite ufficiali (596);
- Allenatore con più trofei internazionali della storia della Juventus: 1 Coppa dei Campioni, 1 Coppa Intercontinentale, 2 Coppa Uefa, 1 Coppa delle Coppe, 1 Supercoppa Europea;
- Ha vinto a livello nazionale 6 scudetti e 2 Coppa Italia;
Ma oltre a essere ricordato dai tifosi della Juventus per i trofei alzati, Giovanni Trapattoni resterà nel cuore di tutti gli appassionati di calcio per i suoi modi semplici, l’umiltà e la schiettezza che sa trasmettere al mondo esterno. Ancora oggi, dopo aver compiuto 80 anni, è sempre un piacere sentire parlare di calcio il Trap e sentirlo raccontare aneddoti su quella che è stata probabilmente la Juventus più forte di sempre..quella della stagione 1984-1985, culminata con la vittoria della Coppa Campioni contro il Liverpool nella tragica serata dell’Heysel.
Analizziamo quindi nel dettaglio le idee di calcio di Giovanni Trapattoni nel periodo storico vissuto alla Juventus, prendendo come esempio appunto una stagione, quella ’84-’85 , che se ha portato delusioni sul territorio nazionale, ha saputo dare lustro e splendore a livello europeo. Se infatti in Italia lo scudetto è andato al Verona di Bagnoli e la coppa Italia alla Sampdoria di Bersellini, in campo europeo la Juventus è stata capace di mettere in bacheca Supercoppa Europea e Coppa dei Campioni, arrivando all’apice nella stagione successiva con la conquista della Coppa Intercontinentale ai danni degli argentini dell’Argentinos Juniors.
SISTEMA DI GIOCO
Tentare di dare dei numeri che possano spiegare il sistema di gioco della Juventus di Trapattoni o dei ruoli ben definiti ai calciatori non è compito semplice. Il tecnico di Cusano Milanino, soprattutto nella prima esperienza a Torino, ha sempre variato molto il suo scacchiere tattico cercando di lavorare più sull’occupazione degli spazi nelle 2 fasi piuttosto che ingabbiare i singoli in situazioni tattiche che avrebbero limitato l’enorme talento a disposizione.
Se vogliamo provare a ipotizzare un sistema base, potremmo definirlo un 4-4-2 che in base all’avversario e ai giocatori a disposizione poteva variare e trasformarsi nei vari momenti della stagione o addirittura della partita.
Analizzando nel dettaglio le posizioni in campo si possono notare queste particolarità:
- Trapattoni utilizzava una difesa a zona mista, con una linea che apparentemente era a 4 ma poteva trasformarsi rapidamente a 3 ed era così composta: un libero, cioè un giocatore capace di impostare, con una grande visione di gioco, una tecnica da centrocampista e una lettura difensiva perfetta; tutte queste doti erano perfettamente racchiuse in Gaetano Scirea. La figura del libero nel gioco del Trap era di enorme importanza perché doveva staccarsi all’indietro in fase difensiva per dare la giusta copertura ma avanzare di qualche metro sopra la linea quando c’era da impostare, trasformandosi di fatto nel primo centrocampista della squadra nella costruzione dal basso;
Accanto al libero veniva impiegato un difensore roccioso, che si occupava della marcatura a uomo del giocatore avversario più pericoloso. Era molto frequente vedere il centrale uscire dalla linea e spingersi in marcatura anche fino a centrocampo per seguire la punta avversaria e cercare di togliere spazio e idee al diretto avversario. Questo ruolo è stato ricoperto per molti anni da Sergio Brio.
A completare la linea Trapattoni impiegava 2 terzini con caratteristiche molto diverse: a sinistra il ruolo era ricoperto da un giocatore con spiccate qualità offensive, pronto a sganciarsi in avanti per supportare la fase offensiva, con grande tecnica e capacità di fare male in zona gol. Antonio Cabrini era l’uomo che meglio interpretava questo ruolo, abile a difendere ma spesso letale negli ultimi 30 metri quando doveva rifinire o finalizzare l’azione. A destra invece veniva impiegato un giocatore più difensivo, con buona gamba e attitudine a giocare su tutta la fascia ma che per caratteristiche potesse giocare in marcatura e permettere il passaggio a una difesa a 3, lasciando al terzino opposto più libertà offensiva. Per varie stagioni questo ruolo è stato di Gentile, mentre nel 1984-85 fu Favero a ricoprirlo.
- Il centrocampo era sicuramente il fiore all’occhiello della Juventus di Trapattoni. La zona centrale davanti alla difesa era territorio di un giocatore di grande forza e dinamismo, capace all’occorrenza di marcare a uomo il fantasista avversario, non con grandi compiti di impostazione ma sicuramente il perno imprescindibile di un meccanismo che funzionava quasi alla perfezione. Dotato di capacità aerobiche importanti era l’ago della bilancia che permetteva al Trap di schierare contemporaneamente più giocatori con caratteristiche offensive. Era un ruolo cucito alla perfezione per Bonini, perfetto scudiero di quello che era il giocatore libero di inventare che rispondeva al nome di Michel Platini. Il francese svariava molto, lo si poteva vedere davanti alla difesa per prendere palla in costruzione o cinquanta metri avanti per finalizzare. Da lui partivano le giocate importanti e il suo modo di interpretare il ruolo del centrocampista permetteva gli inserimenti di 2 giocatori che chiamare ali sarebbe molto riduttivo: Tardelli e Boniek. Il primo si può definire, con un vocabolo coniato recentemente, un tuttocampista. Un giocatore capace di ricoprire tutti i ruoli del centrocampo, abile nell’interdizione e bravissimo negli inserimenti. Spesso veniva impiegato sulla fascia destra, ruolo non propriamente suo ma che veniva svolto con il solito spirito di abnegazione. Il polacco invece aveva più nelle corde il ruolo di esterno sinistro, dotato di una velocità fuori dal comune amava comunque svariare su tutto il fronte d’attacco e non dare punti di riferimento ai difensori avversari. Capitava spesso di vedere Platini e Boniek nel ruolo di trequartisti a sostegno delle punte. Possiamo immaginare quanto il centrocampo di Trapattoni fosse di difficile lettura da parte degli avversari in quanto i ruoli e le posizioni cambiavano di continuo.
- La fase offensiva era composta normalmente da una prima punta con caratteristiche da finalizzatore ma anche dotato di grande velocità per esaltare al meglio le ripartenze pensate da Trapattoni. I nomi che negli anni hanno ricoperto questo ruolo sono di grande spessore, ma quello di Paolo Rossi è sicuramente quello che più è rimasto nella mente degli amanti del calcio sia per quello che ha dato alla Juventus che in Nazionale. Il lavoro che veniva richiesto alla punta non prevedeva un dispendio di energie paragonabile a quelle di un attaccante moderno. La fase di pressing non era asfissiante e sulle spalle di Rossi restava quasi solo ed esclusivamente il compito di rendersi pericoloso negli ultimi 16 metri e il saper dare profondità sui lanci illuminanti dei centrocampisti. A sostegno della punta più avanzata c’era normalmente un giocatore più di sacrificio, che potesse allargarsi e svariare sul fronte d’attacco e ripiegare in modo convinto in fase di non possesso. Nella stagione ’84-85 questo ruolo era spesso svolto da Briaschi. Gregario perfetto per esaltare le caratteristiche sia di Rossi che quelle dei due fantasisti Platini e Boniek.
Una prerogativa molto cara al Trap era la mentalità offensiva. Criticato spesso per essere un difensivista, se andiamo a analizzare le formazioni utilizzate dal tecnico e le caratteristiche dei singoli ci rendiamo conto di quanti giocatori pronti a offendere venivano schierati contemporaneamente e come il gioco facesse leva sull’attacco degli spazi e la successiva occupazione delle zone offensive con molti giocatori. Era molto frequente vedere l’area avversaria con 5-6 uomini bianconeri pronti alla finalizzazione. Rossi, Briaschi, Tardelli, Boniek, Platini, Cabrini e spesso Scirea terminavano la stagione sempre con un buon bottino di reti personali.

FASE DI POSSESSO
In fase di costruzione iniziale la prima soluzione utilizzata dalla Juventus era appoggiarsi a Scirea. Le doti tecniche da centrocampista, unita alla visione di gioco permetteva un’uscita pulita e delle linee di passaggio sicure. Era consuetudine all’epoca che il libero si avvicinasse al portiere per ricevere palla e, nel caso di pressione alta avversaria, scambiare con il portiere (per via della vecchia regola sul retropassaggio). Lo sviluppo del possesso trovava poi in Platini (o se andassimo indietro nel tempo Brady) il naturale sfogo. Il francese, malgrado amasse agire qualche metro più avanti, si abbassava spesso per dare possibilità di passaggio ai difensori o ai centrocampisti. Lo sviluppo prevedeva poi 2 soluzioni entrambe molto efficaci:
- Possesso palla per la ricerca dello spazio: non era raro vedere la Juventus rallentare il gioco, i ritmi si abbassavano e la capacità di gestione del pallone da parte dei vari interpreti della rosa bianconera costringevano gli avversari a doversi muovere molto e questo faceva si che gli uomini di Trapattoni trovassero con pazienza spazio nelle difese avversarie.
- Verticalizzazione rapida: in alternativa alla gestione della palla, la squadra di Trapattoni aveva nell’attacco immediato della profondità una delle armi più pericolose; grazie a una visione di gioco fuori dal comune di alcuni giocatori (uno su tutti Platini), la velocità di base di molti uomini della rosa e la bravura nel dare profondità delle punte, il lancio nello spazio e il successivo attacco dell’area con molti giocatori (anche 5-6) faceva molto male alle difese avversarie. Giocatori come Boniek, Cabrini o Tardelli davano la possibilità di attaccare lo spazio sull’esterno per poi andare al cross, mentre le punte (Rossi su tutti) permetteva di accentrare la manovra e cercare l’imbucata centrale.

Una variante tattica delle squadre di Trapattoni, ma che veniva utilizzata con buona frequenza, era il lancio lungo da parte dei difensori o del portiere alla ricerca delle punte e il successivo attacco della seconda palla. In alcune fasi della partita Trapattoni richiedeva ai suoi giocatori di non fraseggiare troppo ma di buttare palla avanti sopra i centrocampisti. La qualità degli uomini offensivi faceva si che potessero sfruttare gli ultimi 30 metri per rendersi pericolosi e nello stesso tempo non correre troppi rischi a livello difensivo.
FASE DI NON POSSESSO
In fase di non possesso la Juventus di Trapattoni preferiva abbassarsi e ricompattarsi nella propria metà campo. Analizzando le varie zone del campo si può notare:
- Gli attaccanti non effettuavano una pressione troppo alta, iniziavano una fase di disturbo solo quando i difensori dell’altra squadra avanzavano prendendo campo; l’idea delle punte era comunque quella, non appena superati dal possesso avversario, di posizionarsi preventivamente alla ricerca dello smarcamento e dello spazio da attaccare una volta riconquistata la palla;
- I centrocampisti si si dividevano i compiti: quelli con caratteristiche più offensive si occupavano della copertura degli spazi, ponendosi già nelle condizioni di essere efficaci su un’eventuale riconquista, mentre i giocatori con caratteristiche più difensive (esempio Bonini) era consuetudine vederli impegnati nella marcatura a uomo sui centrocampisti avversari più pericolosi o comunque con caratteristiche più offensive. Nel caso di pericoli dalle fasce normalmente entravano nella linea difensiva.
- La linea difensiva attuava normalmente una zona mista, dove lo stopper andava sempre a uomo sull’attaccante avversario più avanzato, seguendolo spesso anche fuori dalla sua zona di competenza. Nello scacchiere di Trapattoni c’era poi un terzino (quasi sempre il destro) che in fase di non possesso aveva compiti di marcatura. Per fare un esempio pratico della stagione 84-85, Brio era lo stopper mentre Favero che agiva prevalentemente come terzino destro era spesso impegnato a nella zona centrale in marcatura sulla seconda punta con il libero che si staccava qualche metro in copertura. Questo faceva si che si andasse a formare una difesa a 3 con il terzino sinistro che aveva invece meno compiti di marcatura.

TRANSIZIONI:
Le transizioni della Juventus di Giovanni Trapattoni sono fortemente condizionate da 2 fattori:
- la velocità degli interpreti offensivi (Boniek, Rossi, Briaschi o prima ancora Virdis e successivamente Laudrup solo per citarne alcuni) e degli uomini che facevano dell’inserimento un’arma potentissima (parliamo dei vari Tardelli, Cabrini, Furino, Causio);
- la regia ispirata di giocatori dal tasso tecnico e dalla visione di gioco fuori dalla norma (2 su tutti Platini e Brady)
La transizione offensiva diventa quindi una soluzione molto importante per le squadre del Trap. Se si pensa a un’azione classica della Juventus degli anni ’80 possiamo ricordare 2 momenti simbolo di quegli anni e più nello specifico della stagione 1984-1985 che sono la finale della Coppa dei Campioni e la finale della Supercoppa Europea. In entrambi i casi viene subito alla mente il lancio illuminante di Platini per quello che era il finalizzatore principe di questa azione, Boniek.
Avere quindi gente dotata di corsa e velocità, e uomini con piedi educati e grande capactà di lancio lungo, faceva sì che più campo si avesse a disposizione e più la transizione poteva essere efficace. Se aggiungiamo che queste ripartenze venivano accompagnate da molti uomini ci fa capire la pericolosità in zona gol e la difficoltà da parte degli avversari di leggere la situazione. Restano negli occhi dei molti tifosi juventini e della Nazionale Italiana i contropiedi che vedevano tra i protagonisti, o addirittura il finalizzatore, Gaetano Scirea.
Come detto precedentemente, per far si che la transizione creasse ancora più problemi alla difesa avversaria, gli uomini di Trapattoni amavano avere a disposizione campo per correre. Questo portava la squadra , in alcuni momenti della partita, a abbassarsi molto lasciando comunque sempre 2-3 uomini pronti a ribaltare l’azione. Questo atteggiamento poteva sembrare attendista o difensivista, ma bastava leggere la quantità di giocatori con spiccate qualità offensive che venivano schierati contemporaneamente per capire che probabilmente questo modo di affrontare la partita era già stato preparato in funzione delle caratteristiche dei propri interpreti e della volontà di metterli nelle condizioni migliori per esprimersi.
CONCLUSIONI
Siamo di fronte ad un allenatore che a detta di molti suoi colleghi ha saputo vedere e inventare situazioni di gioco e modelli tattici che ancora oggi vengono utilizzati. E’ storicamente definito “difensivista”, ma se andiamo ad analizzare nel dettaglio le formazioni che schierava nel corso degli anni, possiamo notare come amasse mettere contemporaneamente in campo molti uomini offensivi pronti a fare male all’avversario e come riuscisse a trovare sempre la giusta amalgama. Grazie al suo modo di porsi con i giocatori, è stato capace di ricevere in cambio da loro la giusta abnegazione anche da giocatori definiti prime donne, poco propensi al sacrificio ma che sotto la guida del tecnico di milanese hanno cambiato il loro modo di pensare in campo. Resterà uno dei tecnici e delle persone più amate e stimate di tutta la storia del calcio.