Analisi realizzata da Emanuele Cena, Match Analyst associato AIAPC, abilitato presso il Corso Football Match Analyst – LongoMatch Certification: https://www.elitefootballcenter.com/prodotto/longomatch-fast-track/
La Juventus FC è una delle squadre più antiche e vincenti sia a livello nazionale che internazionale, nonché tra le più seguite al mondo. Negli ultimi anni, poi, l’area sportiva e quella economica hanno beneficiato di una politica societaria molto espansiva, fatta di investimenti e cura del marchio sui social, trainata da uno dei più grandi di sempre, Cristiano Ronaldo, in entrambi i settori. Dopo anni di vittorie incontrastate in Italia, però, la conquista dell’ Europa non è mai arrivata, nemmeno col portoghese, lasciando spesso l’amaro in bocca ai tifosi. Negli ultimi 2 anni la società ha provato quindi a svoltare verso un progetto basato sul bel gioco più offensivo e in stile europeo, fatto di manovra e possesso palla, sotto la guida di 2 maestri come Sarri e Pirlo. Purtroppo i risultati altalenanti non hanno garantito la continuità necessaria per passare a concetti così diversi dal passato, e così nell’estate il Presidente Andrea Agnelli ha pensato di tornare alle sicurezze di un tempo riaffidando la panchina dei bianconeri a Massimiliano Allegri, spesso criticato ma sempre vincente in Italia e vicino 2 volte alla vittoria in Europa. D’altronde è nel dna del club badare più ai risultati che al gioco di fino, perché “vincere è l’unica cosa che conta”, e se possibile bisogna farlo da subito. Chi meglio di lui, quindi, per rilanciare una rosa frenata dagli acciacchi, dall’età avanzata e dalla scarsa autostima dell’ultimo periodo, caratterizzato anche da calendari improvvisati e impegnativi causa Covid19. E poi, coi soldi da investire nel mercato ridotti all’osso (vista la crisi economica post pandemia che sta investendo molti top clubs) e i parecchi volti noti all’allenatore livornese (tanti da lui voluti in passato) hanno reso il suo ritorno il vero grande acquisto della stagione. Sul finire del calciomercato, poi, è arrivata la bomba dell’estate, questa volta in uscita: CR7 ha voluto cercare nuovi stimoli, direzione Manchester, lasciando in difficoltà tecnica i bianconeri, solo in parte mascherata dagli arrivi di Kean e Locatelli, più il giovane Kaio Jorge. La sensazione, comunque, è che sia stata una boccata di ossigeno per le casse societarie, e che i programmi sportivi per la stagione in corso sarebbero stati di un campionato di transizione. Si cercherà quindi di valorizzare i giovani ancora inespressi (Kulusewski, Arthur, Rugani, Pellegrini, McKennie tra tutti), rinvigorire talenti incompresi poco apprezzati nel calciomercato (Ramsey, Rabiot, DeSciglio, Bernardeschi) e portare a maturazione il futuro zoccolo duro (Chiesa, Bentancur, Deligt, Dybala, Morata). Tutti trainati dalla vecchia guardia (Chiellini, Bonucci, Alex Sandro, Danilo, Szczesny, Cuadrado), per vincere se possibile qualcosa e ottenere la qualificazione alla prossima Champions League.
La rosa a disposizione risulta essere completa e di livello internazionale in porta e difesa, mentre in mezzo al campo, vecchio tallone d’Achille della squadra, non sembrano esserci top players in grado di risolvere i recenti problemi tecnici e tattici, nonostante un nutrito numero di soluzioni. Capitolo a parte l’attacco, invece, rimasto orfano di CR7, spesso accusato di giocare da solo e limitare i compagni di reparto, nonché di mascherare le lacune in area di rigore dei suoi compagni. Infatti, il rischio di quest’anno, sarà di ritrovarsi con 30 gol in meno, e solo un Dybala sui livelli di 3 anni fa, unito a un Chiesa ancora dominante e Morata più presente in area, potranno in parte sopperire alla partenza del portoghese. Kean dovrà finire in fretta la sua maturazione e sfruttare le tante occasioni che gli capiteranno.
L’impressione è che la Juve non avrà un modulo fisso a cui si dovranno adattare i giocatori, ma piuttosto il contrario: gente duttile come Chiesa, Kulusewski, McKennie Bernardeschi, Cuadrado, Ramsey, Rabiot, spesso si trovano a cambiare posizione a partita in corso, collocandosi in posizioni del campo diverse a seconda del risultato e della fase di gioco.
Sarà quindi uno schieramento dettato più dalle esigenze di turnover, di atteggiamento di obbiettivi di squadra, rispetto ad un modulo a cui attenersi e sul quale plasmare tattiche di gara.
Visto lo tsunami Ronaldo, la partenza di stagione è stata la peggiore degli ultimi anni, con punti persi in campionato dovuti più a scarse motivazioni e convinzioni, a disattenzioni pagate a caro prezzo. In Europa, per contro, sì è partiti alla grande, grazie allo spirito e alla carica agonistica di sempre, compresa una vittoria prestigiosa sui campioni d’Europa del Chelsea, rinvigorendo entusiasmi sopiti.
La partita analizzata sarà quindi Juventus – Zenit San Pietroburgo, decisiva per i torinesi per la matematica qualificazione con 2 giornate di anticipo, e che arriva dopo 2 sconfitte brucianti in campionato che hanno minato le ritrovate certezze del mese di Ottobre, sprofondando i bianconeri a metà classifica a distanza irrecuperabile da Milan e Napoli. Sembra quindi una gara fondamentale per guardare al futuro con più tranquillità e porre le basi per una ricostruzione lenta e difficile. Lo Zenit, di contro arriva lanciato da 2 roboanti vittorie nazionali contro le squadre di Mosca, ed è intenzionato a mantenere saldo il terzo posto per entrare in Europa League.
Allegri ci arriva con la squadra quasi al completo, assente il solo Kean, e avendo lasciato a riposo qualche elemento nella sconfitta di 3 giorni prima a Verona. Per lo Zenit qualche assenza di troppo a centrocampo.
Lo schieramento iniziale della Juve è il classico 4-4-2, rispolverato quest’anno, per tenere uniti i reparti a protezione della difesa e poter utilizzare meglio esterni offensivi e abili nell’uno contro uno. Davanti a Szczezny (inizio stagione altalenante), la prima linea è formata da Danilo (tra i migliori e duttili fino ad oggi, corsa e qualità), DeLigt (qualche infortunio e una forma da ritrovare, ma sempre ottimo marcatore), Bonucci (in fase calante e legnoso), Sandro (spesso si limita al compitino in fascia), poi Chiesa (a tratti straripante e continuo sotto porta), McKennie (dinamico ma ancora poco tattico), Locatelli (corsa e regia), Bernardeschi (volenteroso ma evanescente), e davanti Dybala (tornato al ruolo di tuttocampista e in crescita) e Morata (sempre ottima tecnica e corsa, ma freddo in area).
Lo Zenit risponde con un 3-4-2-1 che è in realtà un 5-4-1 ultradifensivo.
SISTEMI DI GIOCO
- Sistema di gioco base: 1-4-4-2; 1-4-3-3 nel secondo tempo
- Sistema di gioco fase offensiva: 1-2-3-3-2 (ma i 5 davanti non danno riferimenti fissi a parte Morata), 1-2-3-2-3 nel secondo tempo (Chiesa più alto)
- Sistema di gioco in fase difensiva: 1-4-3-3 (prima pressione); 1-4-4-1/1 (squadra schierata)
FASE DI POSSESSO
La Juventus parte subito col solito modulo 1-4-4-2, per poi passare nel secondo tempo al 4-3-3 (spostando Bernardeschi a mediano, e alzando Chiesa con Dybala larghi ai lati di Morata). Subito bianconeri padroni del campo, cercando la manovra ragionata nei 40 m avversari, muovendo palla alternando passaggi orizzontali a filtranti verticali, lavorando molto sulla dorsale centrale con Bonucci, Locatelli e Dybala per poi entrare tra le maglie dei russi o coinvolgere le ali sui tagli o nello spazio i terzini. In ogni zona del campo i ritmi sono dettati dai 3 play , che decidono quando far muovere l’avversario per cercare degli spazi, oppure provare lanci diretti e filtranti nei (pochi) spazi lasciati. Le fasce coi terzini sono spesso ben presidiate, senza scorribande ma sempre più alti coi passare dei minuti, con movimenti che portano al cross di Sandro o triangolazioni e inserimenti centrali di Danilo. Molto attive nel gioco le 2 punte, con Dybala a tornare spesso tra i centrocampisti per impostare scambiandosi con Mckennie o Chiesa, e Morata molto mobile in ampiezza o per le sponde tra le linee.

Le armi a disposizione sono comunque molte, oltre alle abilità di lancio lungo di Bonucci e le geometrie di Locatelli si fa spesso leva sulle accelerazioni di Chiesa e Bernardeschi, l’imprevedibilità di Dybala palla al piede centrale, e la potenza di Morata negli spazi. Con gli ospiti chiusi dietro la palla nei loro 30m, poi, la Juventus fa densità in avanti, aprendo qualche spazio per i traversoni dei terzini.
Con tutte queste opzioni è facile trovare giocatori lontani dalla posizione originale, privilegiando un gioco di situazione e duttilità tattica ai dogmi di schemi rigidi e poco vari. Infatti la caratteristica degli 11 di Allegri è che i giocatori avanzati non hanno più un ruolo fisso, ma coprono più zone di campo in entrambe le fasi di gioco, costruendo così una squadra molto dinamica e riducendo i punti di riferimento per gli avversari. In ogni istante, quindi, che ci sia una ripartenza o una fase di pressing, centrocampisti e punte vanno ad occupare la zona libera più vicina e utile per quella fase di gioco.
Costruzione
Quando l’azione comincia dal portiere (1-2-3-3-2) Bonucci è sempre la prima scelta, dettando tempi e distanze alla manovra, grazie alla sua capacità di selezionare la giocata più efficace: dal lancio diretto sui piedi di Morata o il contromovimento nello spazio dell’esterno alto, al filtrante per Dybala tra le linee, alla giocata comoda per i terzini o Locatelli bassissimo. Spesso queste soluzioni sono presenti contemporaneamente (più per posizione che per movimenti veri e propri), dato che tutti diventano artefici della fase offensiva (a parte DeLigt in appoggio o copertura preventiva), e a seconda dell’atteggiamento degli avversari si cerca il passaggio migliore.
Non sempre Szczesny è preciso negli appoggi, ma la costruzione dal basso deve sempre cominciare palla a terra, verso i centrali, o i terzini, e in ultima scelta verticale su Locatelli e McKennie. Questo concetto è esasperato anche dalla rimessa dal fondo eseguita dal centrale per il portiere, forse non tra i migliori al mondo coi piedi, che porta qualche piccolo rischio in impostazione, per passare poi al lancio lungo durante il match.
In generale, lo Zenit non ha mai cominciato la fase difensiva oltre la metacampo, quindi la manovra della Juve è sempre stata tranquilla fino alla trequarti avversaria.
Sviluppo
Superata la prima linea difensiva abbastanza agevolmente, i centrocampisti ricevono e cercano la giocata in base ai movimenti dei russi, spesso chiusi in 11 dietro la palla. In questo caso Locatelli apre per la superiorità numerica in fascia, creata spesso dal movimento di Bernardeschi e Chiesa larghissimi per poi stringere liberando i terzini sulla trequarti avversaria.

Altre soluzioni il passaggio comodo tra le linee per Dybala a tutto campo e McKennie in verticale, o la sponda per Morata.
In caso di chiusura avversaria, invece, si fa leva sulla capacità tecnica di Danilo nel dialogare con le punte, o sullo scarico interno sui 2 esterni, a cercare fraseggi corti e inserimenti nel breve coi movimenti opposti verticali di Dybala e McKennie.
Ciò che colpisce, insomma, è la varietà delle armi a disposizione per arrivare ai 20/30m dalla porta, con la ricerca di linee di passaggio e grande visione di gioco, con esecuzione più rapida del solito.
Rifinitura
La rifinitura è spesso associata ai movimenti imprevedibili di Dybala, che per trovare palla fronte alla porta si trova spesso a rientrare tra i centrocampisti come un numero 10, facendo leva su triangolazioni con le ali che stringono o Morata, oppure cercando imbucate e tagli con loro e McKennie che si inserisce al suo posto. Nel secondo tempo l’argentino si scambia spesso con Chiesa, alla ricerca di spazi per poter puntare la linea difensiva.
L’impressione è che quando tutti e 5 i giocatori offensivi siano in movimento una soluzione positiva sia agevole, anche negli spazi stretti, essendo tutti giocatori agonisti e di corsa. L’atteggiamento chiuso dello Zenit, però porta solo a duelli al limite dell’area, palloni intercettati e parecchi giro palla coinvolgendo i terzini, spesso liberi. Nel secondo tempo aumentano gli spazi e i conseguenti strappi degli esterni, con azioni di potenza e uno due a entrare nella difesa.
I tagli di Morata vengono spesso premiati dai filtranti di Bonucci e Locatelli, anche se con 11 avversari chiusi nei 30 m la loro precisione dei passaggi e il tempismo della punta non bastano per creare veri pericoli.
Col passare dei minuti e l’arrivo della stanchezza, sono aumentati i traversoni dalla trequarti, avendo sempre almeno 5 giocatori in area e confidando in qualche rimpallo dentro l’area intasata.
Finalizzazione
Nel primo tempo sono poche le occasioni davanti alla porta avversaria, considerando il totale dominio territoriale con possesso sulla trequarti russa.
Le armi migliori sono state i duelli di forza nello stretto, le imbucate di Dybala e i passanti di Chiesa, ma raramente il portiere avversario è stato impensierito.
Anche attacchi diretti di Morata, o tiri dal limite sono state delle costanti, ma mai conclusesi degnamente.
Nel secondo tempo Dybala, partendo da destra al posto di Chiesa ha potuto sfruttare il suo sinistro per arrivare al tiro dai 16m, e creare scompiglio, e parecchi uno contro 1 di chiesa e McKennie hanno sfruttato gli spazi concessi dallo Zenit trovatosi sotto nel risultato.
Anche dai cross di Alex Sandro sono arrivati pericoli verso la porta frutto di tagli e una densità in area che ha tenuto in apprensione ogni volta la difesa russa.
TRANSIZIONE POSITIVA
Per tutta la partita, con poche pause, si cercano ritmi elevati e ad ogni recupero palla corrisponde una verticalizzazione immediata, spesso ben coordinata da smarcamenti preventivi di McKennie, Chiesa e Bernardeschi tra le linee, e Morata o Dybala con movimenti opposti a sfalsare la difesa dei russi.
Accompagnano sempre la transizione 5/6 giocatori, favoriti dal fatto che la pressione di squadra avvenga con 3/4 giocatori sulla palla.
Non si notano però movimenti di smarcamento preventivi verso la porta, in quanto la squadra russa difficilmente lascia spazi a ripartenze, piuttosto si cercano preventivamente spazi sulla fascia ai 20m dalla porta, come nel caso dell’azione che ha portato al rigore del 2 a 1 da un recupero di Morata con immediata apertura di Locatelli. Altre transizioni positive nel secondo tempo si basano su iniziative individuali in velocità, sfruttando una condizione atletica nettamente superiore agli avversari.
FASE DI NON POSSESSO
La fase di non possesso è da sempre un punto forte dei torinesi, che fanno dell’aggressività e intensità il loro credo, anche se quest’anno hanno pagato caro alcune disattenzioni e uno spirito di squadra non sempre all’altezza.
Contro i russi da subito si è notato un giusto approccio alla gara, fatto di pressioni individuali e di squadra, già dentro l’area di rigore avversaria. La prima pressione molto alta e con 3 uomini più almeno altri 3 a supporto a chiudere le linee, i 4 difensori forti sugli scarichi delle punte russe, rendono la disposizione e l’atteggiamento di squadra efficace, a volte con vigore eccessivo e difficilmente sostenibile per lunghi tratti.
Dopo i primi 25’, però, i ritmi sono calati, e la fase di non possesso, quando la prima pressione sulla palla è saltata, è spesso cominciata a metacampo, tutti dietro la linea della palla, riducendo le distanze e chiudendo le linee.
A difesa schierata e con palla scoperta le 2 punte ballano tra i 3 centrali avversari, senza mai puntare alla riconquista diretta, ma aspettando l’ala forte in aiuto.
McKennie esce spesso sul centrocampista avversario che si abbassa ad aiutare la costruzione, Bernardeschi e Chiesa in prima pressione escono forti sui centrali larghi ma lasciando spazio dietro all’esterno avversario, e dovendo rincorrerlo spesso in aiuto di Danilo, che marca la mezzapunta in linea con la difesa. Questa è stata l’unica difficoltà tattica del primo tempo, con qualche inferiorità numerica in fascia ma a 30 m dalla porta, poco pericolosa.

Locatelli funge da schermo davanti ai centrali, spesso in aiuto in caso di verticalizzazione sulla punta centrale avversaria.
Le 2 mezzepunte strette dei russi hanno tenuto spesso i terzini bianconeri piatti e bassi, ad aspettare l’aiuto dell’ala sull’attacco largo degli esterni russi.
Il centrocampo è in linea, con scaglionamenti in caso di attacco centrale.
I difensori centrali chiudono forte sull’unica punta, spesso in anticipo sui lanci lunghi avversari con copertura preventiva del compagno, e le linee di passaggio chiuse da Locatelli.
La linea difensiva è stretta e piatta, spezzata solo con l’uscita sulla palla vicino al portatore.
Sembra chiara l’idea tattica del Mister, bloccare tutti i rifornimenti centrali e le triangolazioni delle mezzepunte, lasciando spazi sull’out da assorbire con le ali. Sarà un caso, ma in uno di questi frangenti con palla libera per l’esterno, con Chiesa in ritardo e l’uscita sulla palla di Danilo molto distante da Bonucci è arrivato il cross che quest’ultimo ha deviato nella propria porta.
TRANSIZIONE NEGATIVA
Le transizioni negative sono state poche, a causa della scarsa intraprendenza dello Zenit, e poco pericolose, con buone coperture preventive a uomo, o grazie alla migliore velocità nei recuperi degli Juventini. La distanza dalla propria porta e la prima pressione sulla palla di 3/4 bianconeri ha sempre rallentato lo Zenit e consentito comodi recuperi, specie nel secondo tempo.
PUNTI DI FORZA
- Intensità, velocità e mobilità durante il possesso palla, per 90 minuti;
- L’interscambiabilità dei ruoli, in entrambe le fasi di attaccanti e centrocampisti.
- Pressing alto e organizzato che tiene la palla sempre lontana dalla propria porta.
- Abilità negli inserimenti con tempi di gioco buoni tra le linee.
- La varietà di soluzioni, e 3 playmakers in diverse parti del campo.
- Abilità nei duelli aerei di Bonucci e DeLigt, con coperture altrettanto corrette.
- Tiro da fuori area e 1 contro 1.
- La concentrazione e l’ aggressività
- La condizione atletica superiore all’avversario
PUNTI DI DEBOLEZZA
- La mancanza di un uomo d’area, per concretizzare la mole di lavoro enorme.
- La difficoltà nel finale di leggere i momenti della gara, alternando momenti di controllo e momenti di spinta, marchio di fabbrica della Juve del primo Allegri.
- La protezione degli spazi laterali nel caso di rottura del pressing degli avversari, spesso lasciati dai terzini per accorciare su mezzepunte o dalle ali ancora in attacco.
- Un po’ di frenesia in fase di finalizzazione, forse dovuta alla mole di lavoro degli avanti, arrivando spesso in corsa o dopo duelli faticosi.
- I ritmi elevati, non sempre gestibili per 90 minuti, specie con squadre più in forma.
- 9 giocatori bianconeri sopra la palla nei 40 m di attacco, specie nel secondo tempo, è stata una scelta rischiosa, che lo Zenit non ha sfruttato per demeriti propri nei contrattacchi.
- La costruzione dal basso necessita più velocità esecutiva.